Il “Volo” basso di Rai 3

Creato il 28 marzo 2012 da Yellowflate @yellowflate

Se il programma di Fabio Volo di venerdì 23 marzo non fosse andato in onda su Rai 3 tutto sarebbe stato più monoto e avrebbe mantenuto il solito (per quanto pessimo) equilibrio. Quello che intendo dire è che invece “Volo in diretta” ha smosso la mia fantasia (e forse anche quella di altri), costringendomi ad immaginare i vari “perché” che hanno portato una rete come Rai 3 a mandare in onda un programma così mediocre. Roba da Rai 1 si sarà pensato e invece ecco il faccione ciarlante di Fabio Volo su Rai 3. Ma lasciamo da parte l’immaginare i motivi che hanno portato una degli migliori reti italiane a mandarlo in onda e concentriamoci sul suo programma. Già dal titolo “Volo in diretta” si capisce la povertà di idee degli autori, in quello che, a giudicare dal titolo, dovrebbe essere un one man show. E’ purtroppo si sforza di esserlo. Direi che la figura del conduttore è simile a quei ragazzini che, pur non avendo grandi capacità affabbulatorie, si sforzano in tutti i modi di essere al centro dell’attenzione. E così non fanno che ciarlare, ciarlare, ciarlare. Faccio la similitudine col ragazzino perché Fabiolo Volo conserva sempre il suo innato alone di innocenza. Vaga, forse cercando di orientarsi, nel suo parlare continuo col suo tipico sguardo smarrito. Ma ora qualcuno potrebbe dire:”Va bene, questo è il suo modo di fare ma quello che conta di più è quello che dice e non come lo dice”. A parte il fatto che non sono completamente d’accordo, perché secondo me “anche il come ha la sua parte” (importante), ma parliamo del contenuto. Esso dovrebbe essere quello di un monologo comico. Alla fine si risolve con un ridondante insistere sul sesso. Ma non il sesso spiattellato e volgare che siamo abituati a vedere in TV, quello che è al centro dei discorsi di Volo è il sesso comune, quotidiano, quello di un “normale” rapporto di coppia insomma. E’ il sesso del quale si parla di solito in televisione è volgare, il suo è terribilmente banale. E’ la coppia che a letto discute se fare l’amore prima o dopo il progmamma, è l’espressione da baccalà di fronte alla bellezza di Violante Placido, è la leggera malizia che alla fine sfocia in un forzato invito a fare un orgia collettiva, giusto per essere inutilmente provocatori. Ma quello che Fabio Volo ha capito, come tutti in televisione del resto, è che buona parte del pubblico italiano è attratto da sesso e violenza. Ma andiamo per ordine. Il tema della puntata era, tanto per cambiare, la bellezza, incarnata in questo caso da Violante Placido. Così nell’inconsistente intervista all’attrice si parla di eros e di bellezza in un’atmosfera di totale ingenuità. ”Ti piace più essere bella o brava?”, “Tu hai fatto anche Moana Pozzi. Io dopo tre minuti avevo già finito” e il capolavoro con  annesso aneddoto ”Ma non mette a disagio ad una bella quando le dicono che è bella? Quando mi dicono che sono bellissimo io mi metto a disagio” questi sono i momenti clou dell’intervista. Il film nel quale la Violante è protagonista con Nicolas Cage resta sullo sfondo per lasciar spazio ad un gossip inutile e a battutine altrettanto inutili.
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Insomma tutto ciò sembra essere fatto per sfamare un pubblico di undicenni. E dopo l’intervista a Violante Placio, talmente generica e povera che evapora letteralmente, ecco che arriva a quella ad Oliviero Toscani che rivitalizza la trasmissione, facendola uscire da quello stupore idiota che solo il conduttore sa dargli. E la distanza tra Volo e Toscani emerge abissalmente. Quest’ultimo infatti demolisce molto di quello che era stato costruito prima. Il personaggio aiuta certamente a migliorare la trasmissione ma l’intervista si fa in due e tra l’intervistatore e l’intervistato c’è una distanza troppo grande. Il primo si mantiene sul generico, sull’”idiostupore” e sulla battutina facile mentre il secondo centra in pieno le problematiche profonde legate alla bellezza e al piacere. Nulla a che fare con lo spessore culturale e la camaleonticità di un eppur servile Fazio, il quale ha la cultura per poter discutere con i suoi ospiti e così farli esprimere meglio. Invece quello di Toscani è costretto a diventare un monologo che sfugge all’intervistatore e, per quanto bello, cozza terribilmente con la vacuità della trasmissione. E’ una stonatura grave che disorienta e stride col resto ma almeno è utile. E’ utile soprattutto a far emergere le pecche del programma, la vacuità del conduttore e l’inesistenza di un senso in tutto ciò. Ma facciamo alcuni esempi. Volo rimane “baccalàlizzato” dalla bellezza di Violante Placio, donna dai lineamenti e dalle forme delicate e dalla magrezza spinta, poi Toscani dice:”Agli stupidi piace ciò che è bello. Ovvero la bellezza standardizzata”. E quella della Placido non è forse molto simile a quella delle magre modelle che vediamo negli spot? Andiamo avanti. Una delle giustificazioni che si può dare all’esistenza di “Volo in diretta” è l’alto audience, almeno della prima puntata, ovvero i buoni ascolti che l’Auditel gli attribuisce e Toscani dice:”L’Auditel misura la mediocrità”, minando così le fondamente stesse dell trasmissione. Indimenticabile la faccia del conduttore quando chiede al fotografo perché la TV ai tempi di Mina era più bella di quella di oggi e lui risponde:”Perché non c’era l’Auditel”, costringendolo così a pressare la rabbia spontanea (e soprattutto vera) sotto l’ingenuità infantile che si portava dietro, facendone uscire fuori un’espressione simile a quella dai Paperino qunando si innervosisce. Poi lo sketch assolutamente volgare che viene fatto all’insaputa di Toscani, ovvero “Confessioni di un mostro, nel quale in TV viene oscurata la faccia all’ospite e gli si mettono in bocca delitti orribili. Fa presa sulla violenza dalla quale il pubblico è attratto, che il questo caso, seppur squallida, è meno pesante che in altri programmi. Ma si fa per ridere. Ed ecco che si arriva al gran finale, dove la Placido sfodera il suo essere bella e brava cantando canzoni dei Beatles e Volo fa la sua terrificante provocazione. In un mondo dove la figura umana è standardizzata, egli ordina al pubblico di andare sul palco per i due minuti finali, giusto per storpiare canzoni che non conoscono e per fare massa e scena, in modo tale da assestare un duro colpo, fosre letale, ai modelli sociali standardizzati, omologanti fino al limite della dittorialità di oggi. “Vedi, ognuno di loro è diverso dall’altro. Sono tutti un capolavoro” dice il conduttore, quasi in estasi mistica, a Toscani indicando il pubblico che è sul palco. Ma “Il più grande spettacolo dopo il Big Mach”, così Volo definisce scherzosamente il suo programma, non può finire così, c’è bisogno di qualcosa di più originale, di più sovversivo. Perciò si torna a vedere il presentatore in tutta la sua ingenuità flaccida aggirarsi per gli studi fino ad uscire fuori per lasciale un volantino attaccato ad un lampione con su scritto:”CHE BELLO DOMANI NIENTE SVEGLIA”. Io aggiungerei “DOMANI E’ BELLO DUE VOLTE: NIENTE SVEGLIA E NIENTE VOLO”.

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Si dirà:”Ma il suo è un programma fatto per essere leggero, uno di quelli che la gente vuole vedere quando è stanca”. Io aggiungerei che c’è leggerezza e leggerezza. Qui il contrasto non è tra programmi che trattano di argomenti leggeri e altri che trattano di argomenti pesanti. Per fare un programma leggero (come ogni programma televisivo) ci vuole una certa arte, soprattutto se va in onda su Rai 3. Si pensi ad esempio alla leggerezza di “Che tempo che fa”, dove il conduttore riesce, attraverso: i toni blandi, le battute fatte al momento giusto e le sue domande sintetiche ma non banali, a rendere il tutto di una leggerezza colta e piacevole, nonostante diversi temi siano profondi. Altro esempio, per restare nell’ambito della seconda serata, è “Sostiene Bollani”, trasmissione che è andata in onda in poche puntate nella seconda serata di Rai 3. In essa il conduttore riusciva a spiegare con straordinaria semplicità varie correnti artistiche e vari generi musicali. Nonostante troppo spesso apparissero sketch terribilmente infantili, Stefano Bollani e gli ospiti che di volta in volta ospitava creavano un alone di leggerezza grazie agli straordinari classici musicali che mettevano in scena.
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A questo punto non ci resta che chiederci il perché di questo programma. Credo che la terza reta voglia sfruttare il fenomeno letterario Fabio Volo per fare audience. Ma il rischio è stato ovviamente calcolato. Una prima serata sarebbe stata estremamente pericolosa, di qui la seconda serata. Ma trattarlo come presentatore è stata una mossa molto più azzardata. In teoria uno scrittore, ancor più uno scrittore di libri di successo, dovrebbe saper affabulare, raccontare, avere una certa originalità, mentre invece non fa altro che ripetere sempre le stesse cose, estremamente comuni, da cazzeggio di tutti i giorni. Siamo così quadrati da aver bisogno di qualcuno che cazzeggi per conto nostro? O siamo così rinchiusi nei nostri schemi da cercare qualcuno che fa qualcosa che noi facciamo quotidianamente, ovvero cazzegiare, senza aspirare a qualcosa di più? Forse no. Lo potrebbero dimostrare gli ascolti in calata verticale, dall’8% al 6% di share dalla prima alla seconda, ma se la TV italiana è riuscita a mantere in vita il “Grande fratello” per 12 anni, potrebbe anche riuscire a risuscitare i morti, o quasi morti, come “Volo in diretta”.

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