Il mito che riguarda le Sirene dà loro nomi assai diversi a seconda dell'autore: lo Pseudo-Apollodoro cita Peisinoe, Aglaope e Thelxiepeia, altri nominano Terpsichore, Melpomene e Sterope o Chthon, Omero non dà alcun nome. Il loro stesso numero varia da due a cinque. Il mito che le vuole coi nomi di Leucosia, Ligeia e Parthenope (“virginale”) è dunque solo uno dei tanti ma, guarda caso, è proprio quello che ci interessa di più.
Nel romanzo sarà Parthenope stessa a raccontare la sua storia. Vale la pena però ricordare che, con le sorelle, essa venne mutata in donna-uccello (e non donna-pesce come vorrebbero le più tarde tradizioni medievali) dall'ira di Demetra, giacché era stata incapace di proteggere la figlia Persephone dalle voglie di Ade. Che poi Ade si comportò anche da gentiluomo: amava davvero Persephone, tant'è vero che la sposò e fece in modo che ella non potesse stare lontano da lui. Ad ogni autunno la fanciulla deve tornare dal marito, mentre la primavera e l'estate li trascorreva con la madre a curare le messi.
Ciò detto, la tentazione di parlare qui delle valenze ctonie del mito è molto forte, ma non è assolutamente questa la sede. Se lo desiderate, sarò felice di scrivere un post a parte, ora dobbiamo tornare alla nostra Parthenope.
Dunque una donna uccello, dicevamo. Ce ne sono rimaste raffigurazioni?
Un'immagine più plastica la troviamo presso il Museo Archeologico Nazionale di Athene.
Abbiamo altre immagini e, soprattutto, immagini della nostra Parthenope? Insieme alle ceramiche, un portentoso strumento d'indagine a disposizione degli storici è la monetazione e, all'epoca dei fatti narrati, Neapolis era la zecca di riferimento nel raggio di oltre 200 km… Ma non voglio aggiungere ulteriori dettagli che potrete trovare nel romanzo.
Dunque, indovinate un po' cosa si trova raffigurata sulle monete di Neapolis dell'epoca: molto spesso, il volto di Parthenope. L'esempio più bello che ho trovato è quello che ho usato per il titolo del blog, ma è interessante vedere se vi siano state variazioni col tempo.
Cosa ci dicono questi elementi? Innanzi tutto, la fascia nei capelli è, come dicevamo, un segno di distinzione sacerdotale, ed infatti sappiamo dalle testimonianze storiche che Parthenope era il nume tutelare della polis. Anzi, con la sua raffigurazione sulle monete, essa è la polis stessa!
Poi ci sono i gioielli, che indicano ricchezza, e quindi possiamo quanto meno affermare che vi fosse una forma di orgoglio cittadino legato al benessere, ed anche il volto giovanile, spesso pieno, indica prosperità ed agiatezza.
I tratti somatici, con quel naso tipicamente senza ponte, indicano un'affezione ai canoni greci considerevole. Per decidere se però tale affezione sia indice di un'autentica e consistente presenza greca sul territorio o non invece affettata imitazione di canoni importati, seguirò un semplice ragionamento: in virtù della loro universalità, possiamo immaginare che i canoni tendano ad essere immutabili, il concetto di bello cambia dunque assai lentamente in una società che non sperimenta cambi e, quando li sperimenta, li segue. I grandi cambi vissuto nella Neapolis tra il IV ed il III sec. a.C. sono stati l'ingresso dei Sanniti nella struttura cittadina e, dopo il 326 a.C., l'alleanza con Roma. Tra i due, il primo permise l'ingresso di nuovi tratti somatici nella cittadinanza, che pure non si notano sulle monete, nonostante si osservino diversi visi sulle stesse monete all'interno di un ben definito arco temporale. Possiamo con questo chiaramente concludere che non solo il canone era seguito, ma che esso impiegava per la sua espressione l'osservazione continua di tratti greci fortemente presenti nella città.
Se il post, nonostante la lunghezza, è stato di vostro interesse, e desiderate trascorrere una piacevole giornata in compagnia di altri reperti dell'epoca, qualora non lo abbiate ancora fatto, posso consigliarvi una visita presso il prestigioso Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Sono certo che la visita sarà di quelle esperienze da lasciare un notevole ricordo!