In “Il Volto di un'Altra” l’attrice che Carlo Verdone considera il primo piano più bello del cinema italiano doveva finire sfigurata in viso a causa di un incidente stradale proprio in apertura di storia e rimanere coperta dalle bende fino all'ultima inquadratura quando poi queste, dopo un'operazione di plastica facciale, sarebbero state rimosse per svelare all'Italia intera il suo nuovo volto (da sinossi del pressbook almeno).
Fortunatamente non serve molto per sciogliere i sospetti e per capire che l’incidente inserito in avvio occorre a Corsicato esclusivamente per imbastire un discorso contemporaneo sull'essere e l’apparire, agguantato, tra l'altro, neanche troppo sul serio. Il viso di Laura Chiatti rimane allora intatto - se lasciamo correre qualche livido - così come quello del chirurgo-marito farabutto Alessandro Preziosi che, prima di testa propria e poi appoggiato dalla moglie, decide di sfruttare a suo favore - economico e mediatico - un evento sfortunato che attira una considerevole massa popolare a stare in pensiero e a sostenere le condizioni falsamente critiche della vittima dell'incidente.
Pappi Corsicato preferisce limitarsi a fare quello che gli riesce meglio, alzando leggermente il gomito con citazioni e omaggi a vari tipi di cinema. In questo modo non rischia nulla e si esonera dal dare spessore alla sua creatura, privandola del bel corpo che stava nascendo e facendola a pezzi col bisturi della negligenza proprio come avrebbe dovuto fare con il volto, seppur bello, di Laura Chiatti. La grottesca sequenza con cui apriva il film allora perde senso e significato spedendo questa sorta di “Kill Me Please” all'italiana direttamente nel dimenticatoio.
Il nostro cinema continua a peccare di codardia e a non spingere il pedale sull'acceleratore anche quando questo avrebbe strada libera e lunga per bruciare l'asfalto.
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