Immagini e forme del potere: arte, critica e istituzioni in Italia fra le due guerre – recensione di Emanuele Greco

Creato il 16 gennaio 2013 da Milanoartexpo @MilanoArteExpo

Emanuele Greco per Milano Arte Expo – Arte e cultura italiana tra le due guerre: recensione del libro Immagini e forme del potere: arte, critica e istituzioni in Italia fra le due guerre, a cura di Davide Lacagnina, Edizioni di passaggio, Palermo 2011. La cultura italiana tra le due guerre sembra destare negli ultimi anni un interesse crescente tra gli studiosi di varie generazioni, non solo italiani, a conferma di come essa sia una delle pagine più ricche ed interessanti, benché controverse, del nostro Novecento, la cui conoscenza è stata per lungo tempo deformata da stereotipi grossolani – tutt’ora in verità diffusi – che intendevano identificare in maniera riduttiva quel periodo con la stagione più oscura del regime fascista, pregiudizi che non ci hanno permesso di cogliere in pieno, e con tranquillità, la complessità di quegli anni. >>

Per distinguere le luci e le ombre di quel periodo difficile, e riportare così, finalmente, il dibattito sul piano strettamente culturale, scevro da pregiudizi ideologici, i più recenti studi si sono mossi nell’ambito della ricerca filologica delle fonti. Un esempio di questo imponente e benemerito impegno è, per quanto riguarda l’ambito storico-artistico, la mostra che si tiene ancora fino al 27 gennaio 2013 a Palazzo Strozzi a Firenze, intitolata Anni ’30. Arti in Italia oltre il fascismo. Curata da Antonello Negri con Silvia Bignami, Paolo Rusconi, Giorgio Zanchetti, Susanna Ragionieri (per la sezione Firenze), l’esposizione intende infatti presentare la cultura artistica di quel decennio in una dimensione per così dire orizzontale, cercando cioè di ricostruire il contesto storico di quegli anni attraverso la presentazione delle opere che erano esposte nelle più importanti mostre dell’epoca, lo studio dei dibattiti critici che si svolgevano sulla stampa, ecc.

Palazzo della civiltà italiana (Palazzo della civiltà del lavoro), 1938-1942, Roma, G. Guerrini, E.B. La Padula, M. Romano

Su una linea critica simile si inserisce anche il volume Immagini e forme del potere: arte, critica e istituzioni in Italia fra le due guerre curato da Davide Lacagnina, ed uscito nel dicembre del 2011 per le Edizioni di passaggio di Palermo. Il libro raccoglie dieci saggi di altrettanti autorevoli studiosi, di varie generazioni, che sono nell’ordine: Enrico Crispolti, Gabriella De Marco, Massimo Bignardi, Günter Berghaus, Sergio Troisi, Davide Lacagnina, Raffaele Bedarida, Lorenzo Giusti, Anna Maria Ruta e Gianluca Burgio.

Per quanto indirizzato in special modo alla situazione culturale italiana, i saggi contenuti nel volume propongono un approfondimento molto ampio: dall’arte figurativa all’architettura e all’urbanistica, dalla critica militante all’attività espositiva istituzionale, dal teatro d’avanguardia all’associazionismo femminile, ad alcune presenze tedesche nel Mezzogiorno d’Italia.

Gardella, Dispensario di Alessandria (facciata principale), 1933-1938, fotografia degli anni Trenta. Milano, archivio

Per quanto riguarda l’arte figurativa il saggio di Raffaele Bedarida (Tra ufficialità e censura: Corrado Cagli, 1937-1940) è indirizzato all’analisi della poetica di un altrove mitizzato di Corrado Cagli negli anni in cui, esule a causa delle leggi razziali, si trovava in Francia e negli Stati Uniti d’America. Di architettura tratta invece il saggio di Gianluca Burgio (Architetture per la salute in Italia e in Spagna. Storia di due edifici), in cui sono messe a confronto, in una lettura incrociata, le esperienze di committenza istituzionale e di architettura pubblica in Italia, con Ignazio Gardella, e in Spagna, con Josep Lluís Sert, Joan Baptista Subirana e di Josep Torres Clavé, entrambe caratterizzate dalla ricerca di un razionalismo “mediterraneo”. Tra urbanistica e architettura è, invece, l’argomento del saggio di Gabriella De Marco (Mussolini e l’uso pubblico della storia: dalle demolizioni nel centro storico di Roma al complesso dell’E42), incentrato sul tema della memoria dell’antica Roma e dell’uso ideologico che ne ha proposto Mussolini nella riconfigurazione urbanistica della capitale. Alla critica militante sono dedicati in modo specifico due saggi: quello di Lorenzo Giusti («Pittura, poesia e un po’ di strada». Cultura visiva di Ungaretti alle soglie di una nuova stagione), in cui è analizzata l’attività critica di tradizione letteraria di Giuseppe Ungaretti, nata nel clima culturale francese e concepita quasi come un omaggio a quanto già fatto da Apollinaire, poeta da lui amato; e quello di Davide Lacagnina (Politica, ideologia, militanza: Pippo Rizzo, critico d’arte e uomo delle istituzioni), in cui viene ricostruita l’attività poco nota, ma molto influente soprattutto per lo sviluppo del dibattito sull’arte moderna in Sicilia, di critico d’arte militante e uomo delle istituzioni dell’artista siciliano Pippo Rizzo (1887-1964), il cui esercizio critico era basato su una consapevolezza tecnica dovuta alla sua professione di pittore.

Ballo meccanico futurista, 1922, fotomontaggio, I. Pannaggi

Per quanto riguarda l’ambito delle attività espositive istituzionali, il saggio di Enrico Crispolti (Le mostre “sindacali” in Italia, fra le due guerre) ripercorre gli aspetti salienti delle esposizioni sindacali in Italia, le quali hanno avuto un ruolo fondamentale nell’alimentare il dibattito artistico nazionale, e che proprio Crispolti con le sue ricerche e con il suo coordinamento dell’attività didattico-formativa attinente la storia dell’arte contemporanea alla Scuola di Specializzazione in Storia dell’Arte dell’Università di Siena, ha contribuito, negli ultimi vent’anni, a rendere ben noto negli studi. Il saggio di Sergio Troisi (Palermo, 1942: una mostra al Teatro Massimo e la politica culturale di Giuseppe Bottai), invece, è incentrato sull’analisi della mostra Ventuno artisti italiani, presentata da Roberto Salvini, e tenutasi a Palermo nell’estate del 1942: un’esposizione d’arte contemporanea di respiro nazionale, l’ultima prima della guerra, che serve all’autore per una riflessione sugli strumenti della politica culturale di Bottai, e in special modo sull’attività dei Centri d’Azione per le Arti, istituiti a partire dal 1940.

Di teatro d’avanguardia si occupa invece il saggio di Günter Berghaus (Il teatro futurista fra le due guerre), in cui sono presentati in modo dettagliato alcuni passaggi fondamentali dell’esperienza teatrale futurista in Italia e all’estero, dedicando un’attenzione particolare all’attività per il teatro di Enrico Prampolini e di Ruggero Vasari. Il saggio di Anna Maria Ruta (Donne artiste e associazionismo in Sicilia negli anni Trenta) è, invece, incentrato sul ruolo delle donne e delle organizzazioni femminili nelle politiche di emancipazione delle vocazioni professionali e artistiche nella Sicilia degli anni Trenta. Il saggio di Massimo Bignardi (L’Italia della “vita reale” nella pittura degli eredi della Brücke), infine, è indirizzato all’analisi di alcune presenze di artisti tedeschi, eredi della Brücke, nel Sud d’Italia negli anni Venti, e della loro visione del territorio italiano sdoppiata tra la realtà e la realtà dell’arte, tra il sogno idilliaco di una condizione premoderna e l’ossessione di una modernità difficile.

Paesaggio italiano, 1925, olio su tela. Berlino, Neue Pinakothek, M. Pechstein

Nato – come scrive il curatore Davide Lacagnina nella sua Introduzione al volume – da un seminario sulla poliedrica figura di Pippo Rizzo tenutasi all’Accademia di Belle Arti di Palermo nella primavera del 2011, il libro, che intende restituire uno spaccato piuttosto articolato e denso di implicazioni, aveva come proposito iniziale quello di «misurare, caso per caso, come e se le politiche culturali del Ventennio abbiano avuto un peso reale – e se sì, di quale tipo – sulla produzione artistica della prima metà del Novecento», successivamente ampliato anche a considerazioni più generali. [tratto da D. Lacagnina, Introduzione, in Immagini e forme del potere: arte, critica e istituzioni in Italia fra le due guerre, a cura di Davide Lacagnina, Edizioni di passaggio, Palermo 2011, p. 15].

Il taglio critico che si è voluto dare al testo, e che unisce come un filo rosso i vari saggi in esso contenuti, è indirizzato, in molti casi, allo scavo in territori culturali “secondari” e alla riscoperta di personalità “minori”, in modo da tentare di recuperare quel rapporto di dialogo e di scambio orizzontale tra i “centri di produzione artistica”, che in Italia, almeno fino alla metà del Novecento, furono principalmente due (Roma e Milano), e le “periferie”, ben più vive e pulsanti di quanto sia stato reso noto fino ad ora (come appare evidente in alcuni dei saggi contenuti nel libro). Il curatore del volume, quindi, mira a colpire, su una linea per certi aspetti simile a quanto aveva compiuto Rosalind Krauss, quei “miti del modernismo”, tra cui soprattutto quello del “primato” (cronologico, geografico e linguistico), schierandosi apertamente a favore delle “storie dell’arte locali”, nella prospettiva degli studi culturali e postcoloniali.

Considerazioni, quest’ultime, che trovano un riscontro, come specifica lo stesso Lacagnina nella sua Introduzione, nell’attività didattico-formativa, e nella tradizione di studi e ricerche ad essa connesse, di quella che oggi si chiama la Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell’Università degli Studi di Siena, cui appartengono, in vario modo e in maniera transgenerazionale, sei dei dieci autori (compreso il curatore) dei saggi pubblicati nel libro.

Davide e Golia, 1939, olio su carta. Roma, collezione privata, C. Cagli

La pluralità dei punti di vista che corrisponde alla diversità di origine degli autori dei saggi – come da consuetudine del resto per gli allievi della scuola senese solitamente provenienti da varie parti d’Italia –, coniuga «la serrata verifica testuale delle fonti e dei documenti dell’epoca all’approfondimento di quei contesti territoriali cui storicamente è legata a doppia mandata la produzione artistica italiana», in una visione, quindi, il più possibile «egualitaria», «policentrica», «non pregiudiziale» e «non verticistica». [tratto da D. Lacagnina, Introduzione, in Immagini e forme del potere cit., p. 12].

Nei saggi, quindi, si mira alla ricostruzione del clima culturale di un contesto, che può essere anche territoriale, in molti casi “secondario” rispetto ai “centri” più famosi (in tre saggi, infatti, la ricerca è indirizzata sull’arte moderna in Sicilia). Vengono ricostruiti così le discussioni, le polemiche, i dibattiti, le idee, le passioni, i sentimenti, gli strappi, le convergenze e le divergenze, tutti letti in continuità o in discontinuità rispetto al proprio tempo e al proprio spazio d’azione, in modo da fornire una «quanto più orizzontale ricostruzione in sede storico-critica». [tratto da D. Lacagnina, Introduzione, in Immagini e forme del potere cit., pp. 12-13].

È un libro, quindi, che raccoglie dieci saggi di argomenti vari, ma mai banali, di grande profondità storica e di acuta analisi critica, che può risultare utile a chi voglia approfondire un periodo storico complesso, eppure così ricco di stimoli e ancora cosi vicino a noi, come è quello tra le due guerre.

Emanuele Greco

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Emanuele Greco

Critico e curatore delle mostre di SIMBOLI ART GALLERY, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, fondata nel gennaio 2011 a Firenze (vedi LINK).

Nato nel 1981, Emanuele Greco è storico dell’arte e critico, laureato all’Università degli Studi di Firenze ed attualmente iscritto alla Scuola di Specializzazione in Beni Storico Artistici dell’Università degli Studi di Siena. Mail: e.greco@hotmail.it.

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MAE Milano Arte Expo -milanoartexpo@gmail.com- ringrazia Emanuele Greco per la recensione del libro  Immagini e forme del potere: arte, critica e istituzioni in Italia fra le due guerre, a cura di Davide Lacagnina, Edizioni di passaggio.

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