Immigrati: grati, ingrati, disgraziati

Creato il 12 ottobre 2013 da 19stefano55

Ho cominciato a scrivere la parola e mi son venute, di botto , le altre e a me pare che vadano bene in funzione dei contesti, delle culture , dei fatti.

Il pensiero di dover vivere in un altro paese mi reca  personalmente dolore. Ricordo quando andai nel Lazio (regione peraltro piena di bellezze uniche e storiche) e vedevo altri modi di costruire, organizzare, dialogare e dovevo ricominciare da zero e non ero adolescente, mi veniva da piangere. Troncavo ricordi, amici che non pensavo dover amputare (per qualche anno tieni poi, per forza di cose ne rimane pochissimi) e poi dopo 20 anni ritornare e anche nella tua terra ricominciare, ricordare, tenere duro alle delusioni umane.

I nostri connazionali hanno fatto questo e molto peggio negli anni 50 e 60 ma , mannaggia, la pelle, la lingua, il valore del tempo e delle cose e il benessere che lentamente se ne va…conduce all’essere sempre più sordi e ciechi.