Immigrati, svolta nelle assunzioni nel trasporto pubblico
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Gli immigrati potranno lavorare nel mondo dei mezzi pubblici. Finalmente, dal 6 aprile gli autisti di autobus-tram e metropolitane potranno essere anche stranieri non comunitari. Il decreto legislativo 40/2014 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e entrerà in vigore tra pochi giorni. Non abbiamo fatto altro, in realtà, che recepire la direttiva europea del 2011: abrogata, dunque, la vergognosa norma che vietava l’assunzione di personale straniero nelle imprese del trasporto pubblico. Norma che affonda la radici in tempi bui.
Il decreto risale infatti al 1931, in piena epoca fascista, lo stesso anno in cui fu imposto ai professori il giuramento di fedeltà al Duce. E a pagarne le conseguenze sono stati in molti, tra cui Mohamed Hailoua, marocchino di 18 anni (nel 2009), la cui candidatura come operaio nel reparto manutenzione dell’Atm (di Milano) fu scartata in quanto privo della cittadinanza italiana, sebbene regolarmente residente.
Alberto Guariso dell’Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione), avvocato che aveva difeso i diritti di Mohamed, parla di soddisfazione, ma “chiediamo che la parità di accesso sia estesa a tutto il mondo del lavoro. Ora la situazione del trasporto pubblico è risolta, ma rimangono aperte altre questioni”. Anche per diventare notai, infatti, occorre avere la cittadinanza italiana. Ma è soprattutto nell’ambito del pubblico impiego che persistono le discriminazioni: “Prima occorreva avere il passaporto italiano o europeo; dal settembre 2013, possono fare domanda anche gli extracomunitari in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo, non chi ha solamente il semplice permesso. Al contrario, la direttiva europea, recepita quindi solo in parte, ci chiede di garantire a tutti, italiani e stranieri regolarmente presenti sul territorio, le stesse condizioni per concorrere sul mercato del lavoro”.
Il diritto europeo, dunque, conferma che in Italia – al solito – siamo indietro. Ma che stiamo lavorando per spegnere i resti di quel Decreto Regio del 1931 in base a cui la cittadinanza italiana sarebbe la condizione necessaria e sufficiente per immedesimarsi nel bene collettivo dello Stato e garantire imparzialità, fedeltà del dipendente e il buon funzionamento della pubblica amministrazione. Ahahaha, divertente.
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