di CARLO VALENTINI
Si incominciano a levare voci per prendere il toro dell'immigrazione per le corna. In che modo? Con una sorta di piano Marshall, non al di fuori delle frontiere (dove comunque sarebbe opportuno) bensì a favore degli immigrati all'interno dell'Europa. L'articolata proposta di Guillaume Duval, caporedattore dell'ìnfluente mensile francese Alternatives économiques, potrebbe consentire quel salto di qualità ormai improcrastinabile su quella che è ben più di un'emergenza.
Quando centinaia di migliaia di persone affamate spingono ai confini né la politica dello struzzo né la costruzione di muri risolvono il problema. La monarchia francese e gli zar non furono spazzati via da gente affamata? Lo sarà anche l'Europa, sotto assedio e con la politica incredibilmente imbelle? Angela Merkel s'era spinta ad accogliere i siriani e poi ha fatto marcia indietro, all'Est fanno affari i produttori di filo spinato, l'Italia ha tirato un sospiro di sollievo perché le rotte si sono spostate ma fino a quando?, tutti i Paesi (Inghilterra compresa) fanno finta di non accorgersi che comunque schiere di immigrati riescono ad arrivare nelle periferie delle metropoli e si danno alla clandestinità con tutto quello che ne consegue. Un quadro desolante, con l'Europa (o quanto resta di essa) che non trova di meglio che farsi mettere nell'angolo dalla Turchia. Sì perché dopo il vertice Ue-Turchia del 7 marzo i mass media hanno riportato le dichiarazioni più o meno fuorvianti dei leader europei ma (quasi) nessuno ha analizzato, a parte la faccenda dei soldi, i contenuti del pacchetto (o del ricatto?) propinato al tavolo europeo dai turchi: fare progredire le trattative di un accordo turco-europeo che al di là dell'adesione della Turchia all'Ue (che lascia tutto sommato indifferente Recep Tayip Erdogan) apra le porte dell'Europa ai prodotti turchi (senza dovere rendere conto delle libertà civili), concedere la possibilità di ingresso in Europa senza visto ai 78 milioni di cittadini turchi, portare da 3 a 6 miliardi di euro il cadeau dell'Europa.
Chi crede davvero che l'accordo funzionerà alzi la mano. Avrebbe dovuto funzionare anche quello precedente (coi 3 miliardi erogati) poi (guarda caso) è stata alzata la posta. Nei primi due mesi di quest'anno più di 120mila immigrati sono passati dalla frontiera turca beffando i controlli.
Guillaume Duval sostiene che deve finire l'era delle toppe e un grande Continente ha la possibilità di affrontare la complessa questione a viso aperto e con buone probabilità di risolverla, evitando che le città si riempiano di questuanti, malviventi o disposti al lavoro nero, con la conseguente esplosione di xenofobia e partiti estremi. Già alcuni eurodeputati, capeggiati da Pervenche Bérès e Yannick Jadot, hanno aderito alla proposta di Duval.
A suo tempo, il piano Marshall consentì a molti profughi dell'Est di insediarsi nell'Europa occidentale. Un piano analogo può ora permettere ai rifugiati di venire accolti degnamente all'interno della Ue. Spiega Duval: "queste persone rischiano le loro vite se rimangono nei loro Paesi e non possiamo più lasciare l'onere di occuparsene ai soli Paesi vicini come il Libano, la Turchia o la Giordania, che rischiano a loro volta di uscirne destabilizzati. Dopo la seconda guerra mondiale o ancora dopo la fine della guerra d'Algeria, la Francia e l'Europa hanno dovuto superare esodi ben più importanti. Perché non ci sono stati problemi? Essenzialmente perché all'epoca l'accoglienza dei rifugiati era finanziata a credito. Se lo si farà anche adesso, i redditi del resto della popolazione non diminuiranno e il volume dell'attività globale aumenterà di pari passo... E i rifugiati porranno paradossalmente tanti meno problemi quanto più sapremo mostrarci generosi con loro: infatti se i redditi che gli vengono assegnati sono troppo deboli rischiano di mettere in atto un dumping sociale dedicandosi al lavoro nero. Invece grazie all'attività economica che innescano una volta stabilitisi (processo che può anche essere rapido se ben gestito), il rimborso dei debiti contratti non dovrebbe creare difficoltà".
"In un'Europa che conta 510 milioni di abitanti -continua l'intellettuale francese- accogliere dignitosamente 2 milioni di rifugiati costerebbe intorno ai 30 miliardi di euro annui, ovvero lo 0,2% del Pil dell'Unione. Come si può sostenere che sarebbe impossibile indebitarsi collettivamente a questi livelli nel momento in cui la Banca centrale europea fa stampare denaro per immettere ogni mese 60 miliardi di euro supplementari nella macchina europea?"
Il segretario di Stato statunitense, George Marshall, annunciò, il 5 giugno 1947 dall'università di Harvard la decisione degli Stati Uniti di avviare un piano di aiuti economico-finanziari per l'Europa distrutta dalla guerra. L' European Recovery Program stanziò 14 miliardi di dollari per un periodo di quattro anni. Alla fine ne beneficiarono anche gli Stati Uniti poiché l'Europa divenne il principale bacino d'importazione dei loro prodotti.
In questo caso non si tratterebbe di un aiuto esterno ma di un autofinanziamento dell'Ue, finalizzato a concedere credito ai rifugiati che hanno i requisiti per fermarsi all'interno dei confini.
Secondo Duval e i suoi sostenitori "la Germania accetterebbe che l'Unione s'indebitasse per permettere di accogliere dignitosamente gli immigrati e in parte si potrebbe coprire la spesa introducendo una tassa europea espressamente destinata all'accoglienza dei rifugiati".
Il loro inserimento sociale e soprattutto produttivo andrebbe, in ultima istanza, a vantaggio anche dell'Europa.
"Questa crisi - secondo Duval- indebolisce la posizione di Angela Merkel nel suo Paese, e difatti ella si ritrova isolata in Europa. E' lei a incarnare l'onore dell'Europa sul fronte dei migranti. Bisogna dunque evitare a qualsiasi costo che gli altri governanti europei possano trarre dalle sue disavventure la conclusione che solo il cinismo e la demagogia xenofoba ripagano".
Quindi occorre un'accoglienza senza remore, guardando in faccia la realtà. E' anche il modo, conclude Duval per tagliare sotto i piedi l'erba al terrorismo senza guerre e spargimento di sangue: "La Francia ha fallito nell'integrazione degli immigrati e sta pagando tale mancanza. Questa gente si monta la testa nelle prigioni. Lo stato terribile in cui versano le prigioni francesi e le vessazioni che subiscono i detenuti in condizioni materiali spaventose ha una responsabilità non trascurabile. Le persone diventano estremiste in prigione, dove i gruppi religiosi vengono in loro soccorso di fronte ad una società che non li aiuta. E' un problema non solo francese e varrà la pena riflettere sulle modalità dell'integrazione".
Twitter: @cavalent