Immigrazione: lo stivale affonda per colpa sua

Creato il 14 luglio 2014 da Webnewsman @lenews1
Pubblicato da Paolo Somà

Il dato più eclatante che balza agli occhi, scorrendo il recente Rapporto dell’Ocse sull’immigrazione in Italia – un discreto tomo di 166 pagine – è quello dell’incredibile numero di individui presenti nella penisola rispetto ad una decina di anni fa: la percentuale è praticamente triplicata.

Spagna a parte, la cui situazione è simile alla nostra, nessuno stato membro segna un incremento così alto di immigrati: negli ultimi 15 anni – secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – “la popolazione nata all’estero è infatti più che quadruplicata (aumento legato principalmente ai ricongiungimenti familiari), raggiungendo i 4,5 milioni, corrispondenti al 10% della popolazione in età lavorativa”.

Il rapporto dell’Ocse suggerisce – ma sappiamo quanto cadano nel vuoto i consigli delle Organizzazioni internazionali – che l’Italia necessiterebbe di un coordinamento più efficace a livello di integrazione a livello regionale e locale, attivando maggiori risorse (ed i fondi europei ci sono, ma come al solito vengono male utilizzati o non utilizzati a livello statale) per la formazione linguistica, per misure antidiscriminatorie e per il mercato del lavoro.

E qui, sul tasto dolente del lavoro e su tutta un’altra serie di luoghi comuni legati all’immigrazione, l’Ocse “fa le pulci” alla gestione da parte dello Stato italiano, sfatando alcuni dei più radicati pregiudizi sugli immigranti rei – secondo la vox populi – di rubare il lavoro o di pesare troppo sulla bilancia economica dello Stato. L’Ocse lo afferma chiaramente: o muta radicalmente l’atteggiamento e l’azione politica verso i migranti o la situazione non potrà che peggiorare. Fermare i flussi migratori è impossibile, molto meglio quindi accompagnare i migranti, integrandoli nel tessuto sociale.

Tra i pregiudizi e le politiche errate che in questi anni hanno contribuito alla stagnazione della situazione, lo sfruttamento degli immigrati in settori quali edilizia, cura, agricoltura perlopiù lavori in nero e sottopagati, nonchè la falsa convinzione – mediata da campagne nemmeno troppo sotterranee di un certo tipo di politica che ha fatto dell’immigrato il “babau” che va bene per spaventare gli italiani, portando voti alle proprie liste – che l’immigrazioni pesi troppo sulla spesa pubblica. Così L’Ocse: “Nel complesso, i costi legati all’immigrazione rappresentano meno del tre per cento dell’intera spesa sociale, molto meno dunque dei fondi dedicati alle politiche per l’infanzia (40%), la famiglia, per disabili e anziani (20%)”.

Si scopre dal rapporto che “Il Fondo nazionale per le politiche migratorie, una parte del fondo sociale nazionale, ha sofferto della riduzione generale dei fondi sociali, passando da 16,5 milioni di euro nel 2006 a 6,2 milioni di euro nel 2012 e a 6,8 milioni nel 2013, ma le risorse comunitarie destinate alle iniziative relative all’immigrazione sono tuttavia aumentate da 15,1 milioni del 2009 a 37 milioni nel 2013″.

Il problema, come già in altri settori, è che esiste la palese incapacità di destinare adeguatamente quei fondi: “nel 2010 dei 31 milioni di euro preventivati dalle regioni -scrive ancora l’Ocse – solo il 18 per cento è stato erogato, un ulteriore 40 per cento assegnato ma mai trasferito. Quindi i fondi rimanenti (il 42 per cento nel 2010) sono andati persi”.

In pratica, secondo l’Ocse, la colpa principale della situazione drammatica dell’immigrazione in Italia non può essere data ai flussi in eccesso, quanto piuttosto alla cattiva gestione del fenomeno stesso da parte dello Stato che, in questi ultimi vent’anni ha fatto ben poco per sfruttare i fondi europei e contemporaneamente nulla o quasi per generare un percorso virtuoso di inserimento della forza lavoro extracomunitaria.

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