IMPALED NAZARENE – Vigorous and Liberating Death (Osmose)

Creato il 09 maggio 2014 da Cicciorusso

Tra le varie attività collaterali che svolgo parallelamente alla mia gestione di un bordello, c’è anche quella di Caronte in una casa per anziani. Può sembrare un lavoraccio – ed in effetti lo è – ma se hai la fortuna di beccare i vecchi giusti può avere anche i suoi lati ironici. Come, ad esempio, una novantenne ferrarese, costretta all’emigrazione forzata ai tempi della bonifica dell’Agro Pontino. Il primo giorno, deciso a dissipare un dubbio atavico, le chiesi se fosse emiliana o romagnola e lei mi rispose: “certo che sono emiliana, mica mi confonderai con quegli altri lì“, dove “quegli altri lì” stava ad indicare quella invalicabile Linea Maginot che probabilmente nemmeno i residenti del luogo saprebbero tracciare con precisione ma che, in ogni caso, va sempre e comunque rimarcata. Fatto sta che, nonostante la signora in questione sia stata presa con tutta la famiglia e coattamente spostata in una ex (?) palude, non fa che rimarcare quale magnifica persona fosse Mussolini e lo fa con tanto ardore che a chiunque verrebbe voglia di invadere l’Abissinia dopo averla sentita. Tutta questa lunga introduzione mi serviva per dire che, nonostante alcune cose brutte e spiacevoli, partorite nel corso della ventennale carriera, è impossibile non voler bene agli Impaled Nazarene e che, probabilmente, anche il buon Mika Luttinen si lancerebbe in monologhi simili se solo fosse nato a Sabaudia invece che ad Oulu. La prima volta che lo intervistai, qualche mese dopo l’attentato al World Trade Center, mi spiegò come, dal suo punto di vista, la soluzione a tutti i mali del mondo fosse un bombardamento a tappeto, con armi atomiche, dell’intero medioriente. Non so fino a che punto certe sparate, appena un filino eccessive, siano effettive convinzioni e quanto siano frutto di un’ironica provocazione, fatto sta che da venticinque anni gli Impaled Nazarene producono dischi che traducono in musica quelle stesse esagerazioni e ‘sti cazzi se Luttinen ci crede davvero o interpreta un personaggio.  Vigorous and Liberating Death esce a quattro anni di distanza da Road to the Octagon, disco che non mi aveva fatto impazzire se con “far impazzire” si intende averlo ancora stabilmente nelle varie playlist da macchina e/o treno anche a distanza di più di dieci anni dalla sua uscita, cosa che, ad esempio, è accaduta con Absence of War Does Not Mean Peace, che, per quanto mi riguarda, sta al black metal come la trilogia del dollaro di Sergio Leone sta al cinema western: due schiaffoni in faccia ad un genere morto e chi s’è visto s’è visto. Come sottolineava Ciccio in sede di recensione del disco precedente, gli ImpNaz non devono dimostrare più niente, un po’perché il concetto stesso è totalmente privo di senso, neanche fossimo a Masterchef Satana, un po’ perché, anche considerando valido l’assunto che un gruppo debba dimostrare qualcosa, i finnici possono comunque vantare un credito talmente elevato da restare credibili anche producendo un album di cover dei Backstreet Boys.

You are my fire/ The one desire / Believe when I say / I want it that way

Rispetto al predecessore, Vigorous and Liberating Death smussa un po’gli elementi più black e sposta leggermente le coordinate verso l’hardcore in quel continuo oscillare al confine tra metal e punk che è, praticamente da sempre, il tratto caratteristico dell’intera produzione degli Impaled Nazarene.  Pezzi come Apocalypse Principle o Pathological Hunger for Violence hanno tutte le carte in regola per far divertire parecchio, soprattutto in sede live, così come il trittico iniziale, che fa da trait d’union con le ultime produzioni della band. Per il resto c’è davvero poco altro da segnalare, a parte un artwork particolarmente brutto e l’ormai quasi definitiva scomparsa dei pezzi a sfondo sadomaso in grado di rendere la platea di fans ancora più variegata. L’ascolto rimane comunque indispensabile, in caso contrario siete come quegli altri lì.



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