Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa,perché quel che è generato in leiviene dallo Spirito Santo. Mt 1, 20
Non ricordo di aver mai chiesto una grazia a San Giuseppe senza averla subito ottenuta. Chi parla così è Santa Teresa d’Avila, che con i suoi scritti diede grandissimo impulso alla devozione verso lo sposo di Maria Vergine in tutta la Chiesa e al Carmelo in particolare. Ricordiamo le delicatissime pennellate con cui lo descrisse Teresa di Lisieux; non contiamo i monasteri che lo hanno scelto come titolare; e le recenti costituzioni ricordano Giuseppe come oggetto di speciale venerazione e provvidissimo protettore dell’Ordine. In quanto sostegno materiale della Sacra Famiglia, San Giuseppe al Carmelo viene invocato in tutte le necessità pratiche: ogni monastero potrebbe scrivere un’antologia di fatterelli al limite del miracoloso per comprovare l’efficacia del suo patronato. Ma Giuseppe è anche l’uomo che vive lunghi anni nascosti in intimità con Maria e Gesù: quindi è modello per le anime interiori e per le claustrali in particolare. Chi non avesse maestro da cui imparare a fare orazione - è ancora la grande Teresa che scrive - prenda per guida questo santo glorioso e non sbaglierà.
Autografo della Santa Madre Teresa di Gesù
Alla Santa Madre Teresa non piaceva il bigottismo.
“Dio mi liberi dai santi imbacuccati!”diceva.Tra i valori umani che le stavano a cuore, il senso della verità merita una menzione speciale. Ella guardava con estremo orrore la più piccola colpa contro la verità. Se le religiose riferivano qualche storia in sua presenza, ricordava:”Fate molta attenzione, quando riferite qualche cosa”.
CONTEMPLARE L'UMANITÀ DI CRISTO (Libro della Vita 22, 9-11)
«Noi non siamo angeli, ma abbiamo un corpo. Voler fare gli angeli, stando sulla terra, è una pazzia; ordinariamente, invece, il pensiero ha bisogno d'appoggio, benché talvolta l'anima esca così fuori di sé, e molte altre volte sia così piena di Dio, da non aver bisogno, per raccogliersi, di alcuna cosa creata. Ma questo non avviene molto di frequente; pertanto, al sopraggiungere di impegni, persecuzioni, sofferenze, quando non si può avere più tanta quiete, o in caso di aridità, Cristo è un ottimo amico, perché vedendolo come uomo, soggetto a debolezze e a sofferenze, ci è di compagnia. Prendendoci l'abitudine, poi, è molto facile sentircelo vicino, anche se alcune volte avverrà di non poter fare né una cosa né l'altra. Per questo è bene non adoperarci a cercare consolazioni spirituali; qualsiasi cosa succeda, stiamo abbracciati alla croce, che è una grande cosa. Il Signore restò privo di consolazione; fu lasciato solo nelle sue sofferenze; non abbandoniamolo noi, perché egli ci aiuterà a salire più in alto meglio di quanto avrebbe potuto fare ogni nostra diligenza e si allontanerà quando lo riterrà conveniente o quando vorrà trarre fuori l'anima da se stessa. Dio si compiace molto nel vedere un'anima prendere umilmente per mediatore suo Figlio e amarlo tanto che, pur volendo Sua Maestà elevarla a un altissimo grado di contemplazione, se ne riconosce indegna, dicendo con san Pietro: Allontanatevi da me, Signore, perché sono uomo peccatore (Lc 5,8)».
IL SIGNORE PARLA ALL'ANIMA (Castello interiore 3, 11-16)
«C'è un modo in cui il Signore parla all'anima e a me sembra un segno sicurissimo della sua opera: è la visione intellettuale. Ha luogo così nell'intimo dell'anima e sembra di udire così chiaramente e al tempo stesso segretamente, con l'udito spirituale, pronunciare proprio dal Signore quelle parole, che lo stesso modo di intendere, insieme con ciò che la visione opera, rassicura e dà la certezza che il demonio non può intromettersi minimamente, i grandi effetti che lascia sono, appunto, motivo di crederlo; se non altro c'è la sicurezza che non procede dall'immaginazione, sicurezza che con un po' di avvertenza si può sempre avere per le seguenti ragioni. La prima perché c'è una evidente differenza circa la chiarezza del linguaggio: nelle parole di Dio essa è tale che ci si rende conto anche di una sola sillaba mancante e si ha il ricordo preciso del diverso modo in cui tale parole ci sono state dette. La seconda, perché spesso non si pensava nemmeno a ciò a cui le parole si riferiscono - intendo dire che vengono all'improvviso, a volte anche mentre si sta in conversazione - e spesso riguardano cose mai pensate né credute possibili. La terza, perché nelle parole di Dio l'anima è come una persona che ode, mentre in quelle dell'immaginazione è come una persona che va componendo a poco a poco ciò che ella stessa desidera udire. La quarta, perché le parole sono assai diverse, e una sola di quelle divine fa capire molto più di quello che il nostro intelletto non potrebbe mettere insieme in così breve spazio di tempo. La quinta, perché insieme con le parole, spesso, in un modo che io non saprei spiegare, si comprende assai più di quello che significano, benché senza suoni».
ACCETTARE LA PROPRIA DEBOLEZZA (Pensieri sull'amore di Dio 3, 12)
«Non lamentiamoci dei nostri timori né ci scoraggi vedere la debolezza della nostra natura e dei nostri sforzi. Piuttosto cerchiamo di rafforzarci nell'umiltà e di renderci ben conto di quanto siano limitate le nostre possibilità e del fatto che, senza l'aiuto di Dio, non siamo nulla. Bisogna confidare nella sua misericordia, diffidare completamente delle nostre forze ed essere convinti che tutta la nostra debolezza deriva dal far assegnamento su di esse. Non senza una profonda ragione nostro Signore ha voluto manifestare debolezza. È chiaro che non la sentiva, essendo egli la stessa forza; ma l'ha fatto per nostra consolazione, per mostrarci quanto sia opportuno passare dai desideri alle opere e indurci a considerare che, quando un'anima comincia a mortificarsi, tutto le riesce gravoso. Se si accinge a lasciare le proprie comodità, che pena! Se a trascurare l'onore, che tormento! Se deve sopportare una parola ostile, che cosa intollerabile! Insomma, è assalita da ogni parte da tristezze mortali. Ma, appena si deciderà a morire al mondo, si vedrà libera da queste pene; anzi, non nutrirà più alcun timore di lamentarsi, una volta conseguita la pace richiesta dalla sposa».
La Madre fu sempre una Donna con i piedi sulla terra,benché la testa e il cuore fossero fermi in Dio.
Tutta di Dio, senza cessare di essere umanissima.
(Castello VII,2, 3)
La somma perfezione non sta nelle dolcezze interiori, nei grandi rapimenti, nelle visioni e nello spirito di profezia, bensì nella perfetta conformità del nostro volere a quello di Dio in modo da volere anche noi, e fermamente, quanto conosciamo essere sua volontà.
San Francesco di Sales dice che “ quanto più la grazia ci divinizza, tanto più ci umanizza”. Un recente commento insiste:”Quanto più intensa è la nostra umanizzazione, tanto più radicale è la nostra divinizzazione,e quanto più totale è la nostra divinizzazione, tanto più radicale sarà anche la nostra umanizzazione” (Teresa di Gesù" Pontificio Istituto di Spiritualità del Teresianum)
Nel campo pratico la Santa Madre era una donna decisa. Si aveva l’impressione che il Signore la illuminasse, non solo sulle cose di Dio, ma anche su molte questioni umane nelle quali la sua competenza e il suo giudizio divennero noti. Un giorno si discuteva la collocazione della chiesa in una nuova fondazione. Dopo aver ascoltato l’opinione di molti operai, intervenne dicendo:”E voi ora ascoltate la mia opinione, se il mio punto di vista merita qualche considerazione”.
Fu definita dal Nunzio apostolico:
“Donna inquieta e vagabonda, disubbidiente e contumace…”(Filippo Sega), la scelta del convento le sembrerà più libera di quella della vita coniugale, ma in seguito dichiarerà di ritenere migliore la scelta del matrimonio, piuttosto che vivere in certi monasteri ...
In queste sue parole c’è racchiuso il seme dell’emancipazione femminile.
«Signore dell'anima mia, tu, quando pellegrinavi quaggiù sulla terra non disprezzasti le donne, ma anzi le favoristi sempre con molta benevolenza e trovasti in loro tanto amore persino maggior fede che negli uomini. Nel mondo le onoravi. Possibile che non riusciamo a fare qualcosa di valido per te in pubblico, che non osiamo dire apertamente alcune verità, che piangiamo in segreto, che tu non debba esaudirci quando ti rivolgiamo una richiesta così giusta? Io non lo credo, Signore, perché faccio affidamento sulla tua bontà e giustizia. (So che sei un giudice giusto e non fai come i giudici del mondo, per i quali, essendo figli di Adamo e in definitiva tutti uomini, non esiste virtù di donna che non ritengano sospetta). O mio Re, dovrà pur venire il giorno in cui tutti si conoscono per quel che valgono. Non parlo per me, poiché il mondo conosce la mia miseria. Vedo però profilarsi dei tempi in cui non c'è più ragione di sottovalutare animi virtuosi e forti, per il solo fatto che appartengono a delle donne».