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Impatto sul Financial Fair Play della pratica dei giocatori di “proprietà di terze parti”

Creato il 07 luglio 2012 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

Third party ownership Impatto sul Financial Fair Play della pratica dei giocatori di proprietà di terze parti

 Fonte: BBC Sport

L’acquisto di giocatori di “proprietà di terze parti”  è molto diffusa in Sudamerica e sta prendendo piede in alcune nazioni europee (in Portogallo è stata usata in maniera estensiva e ci sono esempi anche in Spagna).

Alcune società non calcistiche, spesso veri e propri fondi di investimento, acquistano una percentuale di un giocatore spesso ancora giovane e poco conosciuto, per poi ottenere un guadagno quando lo stesso accede a campionati più ricchi (in particolare, quelli europei).

Il vantaggio per i club di calcio, anche e soprattutto ai fini delle future norme sul Financial Fair Play, sta nel minore investimento necessario per assicurarsi le prestazioni sportive del giocatore. Ciò si traduce in:

  • un esborso finanziario più contenuto
  • un minore costo per ammortamento a conto economico

generando quindi un doppio beneficio perché consente un maggiore utile di esercizio e una maggiore disponibilità di risorse da spendere.

Ovviamente la Società sa che, al momento dell’eventuale vendita del calciatore dovrà condividere con gli altri proprietari il guadagno.

Ma, aldilà che il guadagno potrebbe essere anche una perdita, questo potenziale minor utile futuro è un prezzo da pagare che potrebbe essere considerato congruo in virtù dei benefici che genera nella gestione ordinaria della società.

Una delle controindicazioni di questa pratica, che è addirittura vietata in alcuni campionati (ad esempio la Premier League) è che non sempre gli investitori “non calcistici” garantiscono un adeguato livello di trasparenza e, quindi, dietro le società che si prestano a queste iniziative potrebbero nascondersi fini poco leciti.

L’altra, sebbene meno evidente, è che i vantaggi apparenti per la squadra che utilizza questo sistema potrebbero in realtà trasformarsi in svantaggi perché non consentono al management di percepire con chiarezza se il modello di business impostato è corretto, oppure se non si stia continuando a tenere in vita – attraverso strumenti esclusivamente di natura finanziaria – una struttura di costi del club di calcio che in realtà non è sostenibile ed andrebbe cambiata.

Infine, solo per citare le tre più evidenti, l’interesse delle società di investimento  che investono sui calciatori per averne un beneficio squisitamente finanziario potrebbe non essere completamente allineato con il concetto sportivo, sia nella fase di selezione dei giovani, sia nella successiva gestione che – stanti gli stretti contatti con le squadre di calcio – potrebbero facilitare l’adozione di criteri di valutazione dei calciatori slegati dal loro effettivo valore e dipendenti da necessità di bilancio.

Aspetto, questo, che si riscontra peraltro anche nel caso dell’Italia quando si osservano alcuni scambi di comproprietà di giovani giocatori che poco hanno a che vedere con un reale valore di mercato.

Aldilà dell’opinione che ciascuno vorrà farsi sulla vicenda, potrebbe essere opportuno che la FIFA – che oggi non ha una regolamentazione specifica in materia – preveda la redazione di un set di norme che vengano poi adottate dalle varie Federazioni nazionali per evitare disparità di trattamento fra Club che poi si confrontano sulla scena internazionale.

Per chi volesse approfondire l’argomento, segnalo alcuni articoli disponibili sul sito di  Daniel Geey ed in particolare:


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