“Imperial Bedrooms” di Bret Easton Ellis

Creato il 22 giugno 2011 da Abo


Imperial Bedrooms
Breat Easton Ellis, 2010
Einaudi (Traduzione di Giuseppe Culicchia)
146 pagine, 18,90 euro

Sono passati 25 anni dagli avvenimenti raccontati in Meno di zero e la storia sembra ripetersi. Clay, nel frattempo diventato sceneggiatore, torna a Los Angeles durante il periodo natalizio e ad attenderlo sono gli stessi conoscenti di un tempo: Blair, Trent, Rip e Julian. Cresciuti, certo, ma non troppo diversi da come il lettore li ricorda.
E neanche Clay è cambiato molto, ancora vuoto, sedato e incline alla paranoia. Impegnato a seguire l’inizio dei lavori per The Listeners, film che ha scritto e per cui si stanno facendo i provini, Clay si trascina da un party all’altro, tentando di non far caso alle ossessioni che lo tormentano, e che forse ossessioni non sono affatto.
Auto che lo seguono, messaggi anonimi che arrivano al suo cellulare, un omicidio che sconvolge l’ambiente degli studios cinematografici: ce n’è abbastanza per guastare anche la relazione che Clay inizia con Rain, lo stereotipo della cameriera che brama un ruolo in qualche pellicola hollywoodiana.
Le mezze verità che Clay riesce a raccogliere non fanno che confermare le sue paure: qualcuno sta cercando di incastrarlo. Il problema ora è scoprire chi.

Imperial bedrooms mi pare continui il percorso iniziato con il precedente Lunar Park, ma moltiplicandone ulteriormente il gioco di specchi.
Se si esamina il personaggio di Clay, i riferimenti alla biografia di Ellis sono numerosi ed evidenti. The Listeners è un chiaro riferimento a The Informers, l’adattamento cinematografico cui Ellis stava lavorando durante la scrittura del romanzo (come avevo riportato qui). E il triangolo tra film, romanzi e realtà è del resto annunciato sin dall’incipit.
Dice Clay:

Su di noi avevano fatto un film. Il film era tratto da un libro scrito da una persona che conoscevamo. Il libro era il semplice racconto di quattro settimane trascorse nella città in cui siamo cresciuti e in linea di massima era un ritratto fedele.  Venne catalogato come romanzo, ma solo pochi dettagli avevano subito modifiche e i nostri nomi erano quelli veri e non conteneva nulla che non fosse accaduto veramente.

La stessa vertigine che in Lunar Park Ellis aveva riservato al se stesso/personaggio, quel gorgo di dubbi e paure amplificati da uno stile di vita tossico, qui spetta a Clay. Laddove Lunar Park era circonfuso di una luce sovrannaturale, qui la tinta dominante è il noir, ma per il resto le differenze di atmosfera sono davvero minime. Simile è la coscienza annebbiata dei personaggi, simile il vuoto pneumatico di sentimento in cui fluttuano, simile il senso di soffocamento.
Date queste premesse e visto che Lunar Park mi era piaciuto parecchio si potrebbe pensare che lo stesso valga anche per Imperial Bedrooms.
Non è così, almeno non del tutto, perché qui qualcosa sembra non girare. I personaggi, pur potendo contare sulla precedente apparizione in Meno di zero, mancano un po’ di profondità (Clay escluso), mentre la tensione dell’intreccio parte bene ma poi sembra mostrare un po’ la corda. Il finale non è scontato, ma sembra quantomeno essere stato scritto di getto.
In fin dei conti credo che tutto ciò abbia a che fare con le ambizioni metaletterarie del testo. Spingere ancora sul gioco dei rimandi tra realtà e finzione è operazione delicata, un meccanismo da usare con parsimonia. Difficile quindi fare in modo che funzioni sempre, e con la stessa efficacia.
Intendiamoci, Imperial Bedrooms è pur sempre un romanzo di Ellis, ed è quindi probabilmente superiore alla media delle opere che trattano del nichilismo glitterato del jet set losangelino. Non mi ha però dato la sensazione di essere stato scritto sotto l’impulso dell’urgenza che invece in Lunar Park emergeva con forza.
Quel che lascia sono gli ottimi dialoghi sfasati e alcuni periodi scritti (e di conseguenza letti) senza prendere fiato. Insomma, poco plot, molta inquietudine.:

Le ombre, le dissolvenze, le scene riscritte, tutte le cose che vengono cancellate – vorrei spiegarle tutte queste coose, ora, ma so che non lo farò mai, anche se quella principale resta sempre la stessa: non ho mai voluto bene a nessuno, e le persone mi fanno paura.

La mia idea è che per scrivere un libro come questo a Ellis ormai bastino i propri fantasmi, un briciolo di mestiere e uno specchio.
A cosa condurrà tutto ciò, se l’uomo distruggerà lo specchio o se questo finirà per inghiottirlo, forse lo sapremo solo con i prossimi romanzi di Ellis.
Ammesso che il suo paventato ritiro dalle scene non venga confermato.

Tagged: Bret Easton Ellis, Imperial bedrooms, Letteratura, Recensione, romanzo

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