Due vicende parallele. Olga è una ragazza madre che vive in Ucraina, lavora ma i soldi non sono mai abbastanza. Decide di emigrare in Austria alla ricerca di una vita migliore finendo per lavorare come inserviente in una casa di riposo. Nella seconda storia si racconta la vita di Pauli, austriaco di Vienna, che non trovando una propria dimensione ed avendo gravi problemi economici finisce con il lavorare assieme al patrigno trasportando vecchi videogiochi da bar nell'est europeo fino in Ucraina. Alla fine sceglierà di rimanere in quel paese.
Il film è straordinario e di una durezza assoluta. Le vite disastrate dei due protagonisti scorrono parallelamente senza mai incontrarsi, in un percorso inverso di emigrazione/immigrazione che serve all'autore per mostrare l'orribile volto della miseria cui l'uomo costringe l'uomo. Una miseria certamente economica ma anche, e soprattutto, esistenziale. Seidl mostra luoghi e persone per cui la speranza semplicemente non può esistere. L'opera impressiona per la pressoché totale assenza di prospettiva, non per niente il film si chiude su una delle anziane pazienti ricoverate che ripete la parola "morte", come in una sorta di loop apocalittico. Un mondo quello dipinto dal regista in cui l'inverno sembra non finire mai. Non c'è mai un raggio di sole e le frequentissime inquadrature frontali e grandangolari finiscono per schiacciare sullo sfondo i protagonisti, annullandone ogni dignità. Sembra uscita dalla penna di Robet Walser la sequenza nell'hotel ucraino in cui la giovane prostituta si intrattiene con Pauli ed il patrigno. Una messa in scena di rara efficacia, in cui i sorrisi stampati sui volti dei personaggi creano uno straniamento surreale sotto la cui patina si nasconde il vero abominio.