Buongiorno e bentornati!
Ma cosa significa che è un libro che non ha una trama vera e propria? In soldoni, tutto il libro (piuttosto breve) è la narrazione delle vicende di Tullio Saba, il cui soprannome Bakunin gli viene attribuito per le sue tendenze anarchiche (seguite il link per avere maggiori informazioni sul vero Bakunin).
Fin qui nulla di innovativo, direte voi. Ma il “problema” sopraggiunge nel momento in cui la storia di Bakunin (da qui in avanti chiameremo così Tullio Saba) viene raccontata dalle testimonianze di chi l’ha conosciuto o di chi ne ha sentito parlare.
È proprio questo fatto a rappresentare la particolarità de “Il Figlio di Bakunin”, perché fa andare il romanzo al di là della sua condizione di narrazione, portandolo verso un nuovo livello. Dalle testimonianze si ricostruisce una storia che più che reale diventa ideologica, mitica, eroica per alcuni, schifosamente comunista per altri. E dalle vicende di Bakunin si passa ben presto all’analisi di una società attraverso le voci e i ricordi di chi l’ha vissuta e di chi ne porta con sé il peso.
Insomma, un libro con due tratti distintivi:
- La dimostrazione che, passando di bocca in bocca, la storia di un uomo viene idealizzata e modificata;
- L’analisi della società attraverso le bocche dei testimoni.
Per usare una metafora, è come se il miglior barman del mondo ci dicesse la quantità esatta e perfetta che dovremmo versare in un bicchiere per gustare al meglio il nostro liquore preferito.
In conclusione, dunque, le mie impressioni sono più che positive. Dialoghi schietti, grande realismo (ma anche questo ben dosato), introspezione e analisi, storie di persone. Questo è quello che ho trovato in questo breve romanzo, che consiglio caldamente.
Alla prossima.
Neri.
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