Oggi, per la rubrica “Impressioni Letterarie”, parlerò di uno dei miei romanzi preferiti: Ivanhoe, di Walter Scott.
Scott nutriva infatti delle preoccupazioni in merito all’ambientazione inglese della sua opera, dopo che numerosi suoi scritti ambientati in Scozia (come il Waverley), e perciò decise di pubblicare sotto lo pseudonimo di Laurence Templeton. Questa sua preoccupazione, poi, si spinse tanto oltre da portarlo a scrivere una lettera di prefazione, firmata ovviamente con lo pseudonimo, nella quale si preoccupava della difficoltà di ambientare un romanzo ispirato a quelli storici scozzesi, in Inghilterra. Questo perché, a suo dire, gli inglesi erano “troppo civilizzati” per credere a romanzi “primitivi” come quelli storici medievali.
Ad ogni modo il successo del suo romanzo fu talmente ampio ed immediato che gli editori lo spinsero a rivelarsi, pubblicando da quel momento in avanti con il suo vero nome.
Ma passiamo al romanzo:
La trama sembra sostanzialmente semplice, ma non lo è. Il fatto è che viene gestita con una semplicità ed una linearità tali che tutti i fili si intrecciano fino ad arrivare ad un punto in cui la matassa si sbroglia praticamente da sola. Potremmo quasi dire che è un romanzo guidato.
Ivanhoe è innamorato di Rowenna, pupilla di Sir Cedric, che però vuole darla in sposa ad un nobile sassone, Athelstane. Per questo viene bandito e mandato a combattere in terra santa.
Durante questo lasso di tempo si reca in terra santa anche Riccardo Cuor di Leone, che viene ben presto sostituito da suo fratello Giovanni con l’aiuto di alcuni nobili.
Dopo qualche tempo Ivanhoe ritorna in patria, e dopo l’attesissimo torneo di Ashby-de-la-Zouche, le vicende del giovane si intrecciano con quelle di Rebecca, la bellissima figlia dell’ebreo Isaac, che si impegna a curarlo.
A questo punto, sinceramente, non voglio rivelarvi molto altro, perché il libro è tutto da leggere.
Battaglie, accuse di stregoneria, templari e cavalieri, fuorilegge chiamati Locksley e frati ubriaconi che distribuiscono mazzate a destra e a manca. C’è veramente di tutto, condito dall’onore tipicamente medievale e da quel senso di giustizia che non può che contagiare chiunque si affacci alla lettura di questo romanzo.
Vi giuro che se vi dicessi di più vi rovinerei tutta la trama, e credetemi, c’è veramente molto altro da scoprire. E se siete interessati a leggerlo, non aprite Wikipedia o qualunque altra pagina internet. Andate a comprarlo, o fatevelo prestare, e al massimo leggetevi la quarta di copertina.Il resto lasciatelo alle parole di Scott.
Ma ora dedichiamoci alle impressioni che ha suscitato in me.
Fondamentalmente è la perfetta fuga dalla realtà odierna, dove certi valori sembrano aver preso il largo per lasciare il posto a… non saprei.
Inoltre, come ho già detto, la trama è sviluppata in modo magistrale e i colpi di scena non mancano di certo! Troverete dei personaggi che vi faranno scappare un “oh!” durante la lettura, situazioni che vi faranno avvampare di rabbia e altre che vi faranno sospirare.
Io mi sono sicuramente lasciato andare, nella lettura, e mi sono calato completamente in quelle atmosfere inglesi di cui Scott aveva paura. E ogni volta che rileggo questo bellissimo romanzo (siamo alla quarta, per ora) mi ritrovo a pensare a quanto avrei voluto vivere in quel periodo.
Poi mi rendo conto che Scott mi consente di farlo.
Neri.
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