Ripropongo la recensione di mia figlia Alessia del film "Hunger games - La ragazza di fuoco (Catching fire)", in attesa dell'uscita il 20 novembre prossimo nelle sale cinematografiche italiane di "Hunger Games: Il canto della vittoria (Mockingjay) - parte 1", di cui è postato in basso il trailer.Fabrizio Giulimondi
“Welcome, welcome! The time has come to select the one courageous young man and woman for be honor of representing District 12 in the 74° annual Hunger Games!”. Non sono mai stata più euforica nell’uscire da una sala cinematografica. Ieri sera sono andata con mio padre a vedere l’attesissimosequeldi "Hunger Games - Catching fire" ("La ragazza di fuoco"). Il film, come il precedente, è tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice statunitenseSuzanne Collins
Io che ho letto tutti e tre i libri, divorandoli in quattro giorni, posso dire che questo è uno dei rari casi in cui la versione cinematografica è nettamente superiore a quella letteraria. Il regista, Francis Lawrence, questa volta ha superato se stesso. La cura che ripone in ogni dettaglio, il modo in cui è riuscito ad essere fedele al libro, rispettandone testualmente anche i dialoghi, amplificando enormemente ogni scena dal punto di vista emozionale, è straordinario. Ha creato una drammaticità che, a mio parere, nel romanzo è scarsamente presente.
Gli interpreti sono tutti da Oscar. La recitazione di Jennifer Lawrence (vincitrice del premio Oscar nel 2013 come migliore attrice per Il lato positivo – Silver Linings Playbook), nel ruolo della protagonista Katniss Everdeen, non poteva essere fatta meglio.
A dispetto di quello che pensa mio padre, credo che Jennifer Lawrence abbia reso perfettamente la tragicità del personaggio, fondamentalmente freddo e distaccato, una maschera con la quale protegge se stesso dagli sguardi degli altri. Per non parlare dei grandi attori di Hollywood che compaiono nella pellicola, come Donald Sutherland (uno dei primi vampiri della produzione orrorifica americana), Philip Seymour Hoffman ( come al solito grandissimo) e Stanley Tucci( ve lo ricordate in Il diavolo veste Prada?).
Ma adesso passiamo alla trama, vediamo di capire di cosa stiamo parlando. Ci troviamo in un futuro post-apocalittico dove una sadica e superficiale Capitol City è circondata dalla povertà di dodici distretti che ogni anno, in occasione degli Hunger Games, devono offrire un “tributo” femmina e uno maschio che abbia una età compresa fra i dodici e i diciotto anni.Questi verranno portati in un’arena per sfidarsi in un combattimento all’ultimo sangue, al termine delqualeè ammesso solo un vincitore. Questa crudele realtà è vissuta come un normale show televisivo, nel quale i “tributi”, per sopravvivere, dovranno saper piacere alle persone. La scrittrice si è palesemente ispirata all’antica Roma, dove ilPopulus Romanussi divertiva a vedere i gladiatori uccidersi l’un l’altro. La vita eccessivamente lussuosa che conducono gli abitanti di Capitol City, richiama spesso il modo di vivere degli antichi romani,i qualivomitavano per ricominciare a mangiare,e lo scopo della loro esistenza era panem e circenses
Nel primo capitolo abbiamo visto Katniss offrirsi volontaria al posto della sorella ed entrare in contatto con Capitol City, il cui modo di vivere è anni luce distante da quello del Distretto 12, da cui proviene la protagonista. Dopo che nell’arena, con una manciata di bacche velenose, ha sfidato il Presidente Snow (Donald Sutherland), in questa seconda parte si ritrova nuovamente a dover difendere la vita delle persone che ama: è per questo che lotta Katniss, per la sopravvivenza delle persone a cui tiene più di se stessa.
In questa saga, che si distingue nettamente dalle altre, l’eroina è un personaggio forte, indipendente, che, però, non si sente tale. Lei vuole solo salvarsi la pelle - come sostiene il Presidente Snow - . Lei non vuole alcuna responsabilità sulle spalle, perché è troppo impegnata ad avere paura per la morte degli altri per pensare ad una ribellione. Ma ciò che vuole lei non conta più, perché è stata trasformata in un simbolo, nella Ghiandaia Imitatrice, ossia in quella scintilla che non può più essere contenuta e che incendierà tutta Panem. La Ghiandaia Imitatrice è quella speranza che non può più essere soffocata dai Giochi della Fame.
In questo capitolo c’è molto di più del semplice stay alive, perché se c’è speranza non c’è sopravvivenza, c’è vita. E la vita non è quella degli Hunger Games, dove dei bambini si uccidono a vicenda, mentre le loro madri li guardano morire davanti ad uno schermo, ove l’unica aspirazione è quella di morire in fretta. La vita non è quella di vincere per poi tornare a casa ed essere tormentato dai sensi di colpa, perché la tua vita è stata pagata con altre ventitré. La vita non è non riuscire più a dormire, perché ogni volta che chiudi gli occhi rivedi le pupille bianche di quel ragazzo o di quella ragazza che sei stato costretto ad eliminare per puro istinto di sopravvivenza. E’ forse questa l’esistenza umana? Spedire con la forza adolescenti in un tritacarne ed aspettare che si ammazzino l’un l’altro, mentre nelle case dei ricchi tutto continua placidamente. No, non è questo vivere. Ora la vera vita, quella fatta di speranza, va conquistata con il sangue e con i denti. Basta ricordare chi è il “vero nemico”.
Se lo consiglio? Assolutamente si! Andate a vederlo, perché non capita spesso di trovare un film in cui, in due ore e venti di azione condita con l’angoscia, non ti addormenti sulla poltrona.
“Happy Hunger Games! And may theodds be ever in your favor!”.
Alessia Giulimondi