Un racconto introspettivo di Giulia Scianna.
Il senso dell’avventura si è nascosto a lungo dentro di me o forse ha sempre trovato appagamento in qualcosa che ad un certo punto non è bastato più: negli ultimi due anni ho collezionato tante partenze, di quelle che a immaginarle da lontano riempiono il cuore di energia e lo lanciano spavaldo verso il luccichio del cambiamento, e che poi, al momento dello scatto, ti fanno tremare le gambe e quasi correre indietro a rifugiarti nella sicurezza delle abitudini che pensavi di detestare. Ogni singola titubanza, ogni momento di solitudine e nostalgia, ogni brandello di coraggio rattoppato e reindossato come il vestito migliore sono valsi la pena, perchè nella rete degli spostamenti, piano piano, è rimasta impigliata una ricchezza di immagini, di parole, di persone, di vita, in realtà, che mai avrei pensato di essere capace di assorbire e tenere con me, con l’esile fiducia nella mia capacità di espormi al rischio che mi teneva incollata al nido.
Sono grata alla mia irrequietezza, e tuttavia inizio a sentire che le oscillazioni tra la mappa che mi guida verso nuove rotte e quella che puntualmente mi riconduce a casa stanno alimentando una confusione a cui devo trovare risposta. A 25 anni questo stato di dubbio, di incertezza sulla direzione da far prendere al mio futuro, forse non è nemmeno così inusuale, ma ho come il timore che il solletico alle gambe nasconda il bisogno di trovare non tanto un luogo in cui sentirmi finalmente nel posto giusto, ma una condizione interiore diversa, la comprensione di chi voglio essere per intravedere un guizzo di felicità.
La decisione di lasciare l’Italia alla volta di Londra l’ho presa convinta che rimanendo a casa sarei sprofondata nel piattume di giornate passate a cercare di farmi ascoltare, notare da qualcuno, in un paese in cui la voglia di fare e le qualità troppo spesso non portano da nessuna parte, e che una routine familiare soffocante avrebbe completato il quadro e stremato i miei nervi. In Inghilterra ho respirato da subito un’aria di possibilità che mi ha aiutato a tenere a bada la naturale paura di fallire e mi ha accompagnato lungo una strada fatta di lavori necessari anche se poco gratificanti e di sistemazioni non proprio regali ma che di volta in volta andavano migliorando, arrivando a costruire il mio piccolo universo, poggiato sulla sicurezza di un buon lavoro e su un’indipendenza che ero orgogliosa di aver raggiunto contando solo sulle mie forze.
Eppure dopo non molto tutto questo non mi è sembrato più così indispensabile. Insieme ai lati positivi della mia vita londinese ho iniziato a vedere quelli meno entusiasmanti: ho avuto l’impressione di venir ingoiata dalla frenesia di una città che, per quanto piena di fascino, negli ultimi tempi pareva andare troppo di fretta senza che io potessi o volessi accelerare il passo per starle dietro, mi sono sentita fuori posto e le certezze conquistate a fatica hanno smesso di apparire necessarie. Così, dopo un’avventura sulle strade della Spagna, un agognato stacco dalle incertezze che aleggiano intorno ad ogni decisione importante, eccomi nuovamente a casa, e già, dopo pochi giorni, il sospetto di aver preso l’uscita sbagliata si è insinuato nella testa e si sta ingigantendo prepotente. So che arriverà il momento in cui ci sarà spazio per poco altro, le radici mi richiamano a loro e una volta che sono ferma al punto di origine mi manca irrimediabilmente qualcosa di ciò che avevo standone lontana. Questa volta in particolare mi sento in bilico tra due mondi, senza la sicurezza che sceglierne uno toglierà di mezzo la confusione che ho dentro.
Forse in alcune persone l’irrequietezza è una condizione dell’anima talmente radicata che per calmarla non bastano tutte le strade del mondo, non si può far altro che continuare a camminare, non smettere di cercare.