Otto giorni di sciopero della fame e 12 di mobilitazioni autodeterminate. Il richiamo agli anni delle rivolte per riacquistare diritti e dignità, non solo nell’ambito carcerario.
foto di Nicola Gesualdo
Il 10 settembre il “Coordinamento dei detenuti” ha deciso di dire basta alle condizioni disumane in carcere (leggi).
Otto giorni di sciopero della fame e 12 giorni di mobilitazioni autodeterminate per cercare di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sul problema carceri. Sembra esserci una nuova coscienza e la voglia di emulare quanto accaduto in passato; c’è la ferma convinzione che solo la lotta paga, l’insegnamento delle battaglie negli anni 70 e 80 aprirono una nuova stagione e portarono alla conquista di migliori condizioni.
Nel comunicato del Coordinamento si legge: “Noi, lo ribadiamo, vogliamo che sia data una risposta al sovraffollamento,che l’art. 27 della Costituzione venga perseguito e non calpestato ma soprattutto chiediamo che vengano abolite le forme di tortura legalizzate quali il 41bis, 14bis e Alta Sorveglianza. Facciamo inoltre nostre le rivendicazioni degli ergastolani in lotta. “
Il problema del sovraffollamento carcerario (leggi) diventa sempre più un problema sociale. Riecheggiano le parole dell’allora Ministro Severino: “Il carcere è lo specchio della civiltà di un Paese”. Dopo questa frase tante promesse da parte del Ministro del Governo del fare, il Governo Monti: 1800 assunzioni di agenti, 670 milioni stanziati per costruire, entro il 2012, undici nuovi istituti e venti padiglioni in strutture già esistenti, per un totale di 9150 posti. Che fine hanno fatto queste promesse?
Il IX Rapporto Antigone, ”Senza dignità” (leggi), racconta di una situazione folle: 20 ore chiusi in celle piccolissime, sporcizia e il carcere come custodia cautelare.
A giugno, il Ministro Cancellieri ha varato, forse, l’ennesimo piano carceri (leggi), per cercare di recuperare 10 mila posti. L’ammissione è sconcertante: si tratterebbe di una soluzione che fa guadagnare tempo in attesa di qualcosa di più risolutivo, ma almeno è un inizio. Se ogni nuovo Ministro eletto deve sancire un nuovo inizio per cercare di risolvere il problema carcerario italiano vuol dire che le prospettive sono e rimangono buie e tetre.
A quanto pare al governo italiano non pesa più di tanto la situazione invivibile e, forse, incostituzionale che vige nei carceri italiani. A dimostrazione di ciò, le sentenze con cui la Corte Europea ha condannato l’Italia (leggi) per le pessime condizioni del proprio sistema carcerario.
Appare, quindi, quasi necessario l’intervento diretto di chi vive ogni giorno queste situazioni di invivibilità e di mancanza di diritti: ”Non possiamo più restare in silenzio e accettare che migliaia di detenuti vengano trattati come bestie, noi abbiamo una dignità e vogliamo difenderla.
Chiediamo con questo comunicato a tutti i fratelli carcerati di appoggiare la nostra protesta legittima e quindi di impegnarsi al massimo affinché tutti sappiano che settembre sarà un mese di lotta.
Con il confronto, il passa-parola e la voglia di fare possiamo convincere i più titubanti, con la stesura di comunicati e raccolte di firme possiamo far uscire la nostra voce fuori da queste mura.
Fino ad oggi hanno potuto fare di noi quello che volevano, è arrivato il momento di alzare la testa e guardarli diritti negli occhi.”
Oggi sembra emergere una problematica, i diritti conquistati anni fa, in qualsiasi settore, stanno scomparendo. Di certo non per magia, ma per volontà di chi gestisce e amministra questo paese. Tutto ciò potrebbe portare ad uno sfogo chi si vede ogni giorno togliere da sotto il naso i propri diritti.