"Jack era solo nell'oscurità della sua cella. Era una stanza minuscola, appena sufficiente ad ospitare un lurido giaciglio, ma per incatenarlo c'era sempre spazio. Da quando lo avevano rinchiuso in quel buco maleodorante, era sempre stato legato al muro con una catena che terminava con l'anello di ferro stretto intorno alla sua caviglia. Benché non si muovesse molto, il contatto gli aveva procurato un alone violaceo che gli doleva al solo toccarlo e in quegli ultimi giorni aveva cominciato a sanguinare. Passava il suo tempo seduto si quello che avrebbe dovuto essere un letto, ma che non era altro che un sacco di paglia marcia. I primi tempi l'odore pungente e la scomodità lo avevano costretto a dormire sul nudo pavimento, ma alla fine si era rassegnato. Aveva perso la cognizione del tempo già da molto, ormai. Giorno e notte erano diventati un'unica cosa. Secondi, minuti ed ore erano solo parole. I pasti che il guardiano gli portava erano immangiabili, l'acqua sempre scarsa. Da un lato era meglio così, perché ciò significava che non lo stavano drogando, dall'altra, però, se non fosse morto per le condizioni e le piccole ferite che quotidianamente gli infliggevano, sarebbe morto per la disidratazione. Ogni tanto, qualche topo si intrufolava nella sua cella, ma Jack non li temeva. Non erano altro che roditori. Sapeva che il suo fisico aveva risentito molto della prigionia: gli bastava passarsi le mani sul torace per indovinare la posizione di ogni costola, o osservarsi le mani, sporche come non lo erano mai state, per capire che il suo corpo era ricoperto da quel sudiciume; le labbra erano perennemente spaccate e le braccia continuavano ad essere il banco di prova per l'affilatezza dei coltelli del torturatore."
[ estratto dal capitolo 8 de "Il Sigillo di Aniox - Il Destinato]