Accusiamo sempre più. Mostriamo più acciacchi noi della macchinina bianca.
La colazione in albergo la prendiamo all'ultimo minuto utile, e sono quasi le undici del mattino quando entriamo dentro alle mura.
Qui a Viterbo non è come a Roma, la nostra 500 non attira più di tanto l'attenzione della gente. Anzi, qualcuno ci guarda con fare interrogativo, come dire: "Ma questi che girano?".
Andiamo dritti dritti in Piazza San Lorenzo, sulla quale si affacciano la Cattedrale e il Palazzo dei Papi.
Viterbo è una città di oltre 60.000 abitanti, situata sulle prime pendici dei Monti Cimini e distesa a ovest verso la pianura maremmana. La città ha un vasto centro storico di origine medioevale cinto da mura.
Il Palazzo è una costruzione massiccia che, dal lato opposto alla piazza, strapiomba con possenti contrafforti sulla valle di Faul. Esso termina alla destra con la imponente Sala del Conclave.
La loggia, detta delle Benedizioni, in quanto ad essa si affacciava il Papa uscendo dalla Sala del Conclave, si apre sul lato della piazza con un gioco di archi sorretti da slanciate colonnine.
Anche la parte della loggia opposta alla piazza era originariamente dotata di identica fuga di archi e colonnine, struttura che sorreggeva insieme alla facciata che prospetta sulla piazza, un tetto. Nel 1325 tetto e struttura ad archi lato Valle Faul crollarono e da allora il ballatoio della loggia è a cielo aperto.
Viterbo è nota per aver ospitato il conclave più eclatante. Dopo la morte di Papa Clemente IV nel 1268, i porporati impiegarono ben 1006 giorni per eleggere Papa Gregorio X. Dal momento che i 19 cardinali riuniti non riuscivano ad eleggere un papa, dopo 19 mesi di sede vacante, la città rinchiuse letteralmente i cardinali nel palazzo vescovile, li mise a pane ed acqua e scoperchiò il tetto. Nonostante queste costrizioni, peraltro successivamente ridotte, ai porporati occorsero altri 14 mesi per eleggere il nuovo Papa.
La Cattedrale di Viterbo è dedicata a San Lorenzo, ed oggi, 10 agosto, il Vescovo celebra la messa in onore di questo Santo.
La cattedrale ha un'imponente struttura romanica risalente al XII secolo anche se la facciata, a causa dei rimaneggiamenti del XVI secolo, si presenta come struttura di stile rinascimentale.
All'interno della Chiesa c'è la tomba di papa Giovanni XXI, 1210 – 1277, che morì dopo essere rimasto vittima di un grave incidente nel Palazzo papale. Si racconta che la volta del suo studio gli crollò addosso, probabilmente per un difetto di costruzione.
Ore 11,10. Piazza del Plebiscito.
La piazza fu ricavata in un posto occupato in gran parte dal cimitero della chiesa di Sant'Angelo in Spatha e comprende, oltre la chiesa, i palazzi che ancora oggi ospitano gli uffici del Comune. Al centro si trova il Palazzo dei Priori. Messi su due colonne all'ingresso di Via Roma e di Via San Lorenzo, due leoni, simbolo della città, scolpiti in una pietra chiamata "nenfro".
UDi solito, le città guelfe, cioè più fedeli al Papa, sceglievano il leone. Quelle ghibelline, invece, alleate dell'Imperatore preferivano l'aquila.
Il più importante edificio della piazza è, senza dubbio, il Palazzo dei Priori, Questo conserva intatto l'originario porticato sotto il quale si trova il portone d'ingresso.
Entrando si accede ad un giardinetto interno, con fontana, panchine "in peperino" e coperchi dei sarcofagi etruschi con le caratteristiche figure sdraiate.
Chissà... Un prossimo viaggio?
Siamo al centro della Valdorcia. La luce non è un gran che, ma il paesaggio è comunque senza eguali.
Gli Horti Leonini sono un giardino pubblico situato negli antichi baluardi di San Quirico d'Orcia.
Sorti intorno al 1581 su un terreno che Francesco I de' Medici aveva donato a Diomede Leoni, prendono il nome dal loro proprietario. Gli Horti hanno mantenuto fino ad oggi la struttura originaria, costituendo un esempio ben conservato di classico giardino all'italiana e un modello di sistemazione a parco ripreso nei secoli successivi.
Attraversiamo la ferrovia delle crete senesi, chiusa da più di vent'anni, e che rivive ogni tanto con il "Treno Natura".
Spesso ci si chiede se vale la pena il cambiamento. Alla fine degli anni '80 il tracciato della Cassia fu rimodernato con la realizzazione di nuovi tratti che andavano a velocizzare i vecchi tratti che attraversavano i paesi e seguivano con tortuosi tornanti i crinali delle colline. I nuovi tratti erano rettilinei, spesso nei fondo valle, che non di rado superavano con lunghi viadotti.Oggi credo che non sarebbe possibile fare ciò che è stato fatto, chissà quali schiere di ambientalisti si immolerebbero davanti alle ruspe, pur di non addirizzare una curva.Eppure è proprio grazie alla "nuova" Cassia che qualche turista si prende il coraggio di arrivare fin quaggiù. E proprio grazie al "viadotto" che dal bivio per Montalcino sale verso S. Quirico che Franco Fontana ha avuto l'occasione di fotografare il gruppo di cipressi che è diventato l'icona della Valdorcia.
Il nome deriva dal latino "bonus conventus" luogo felice, fortunato. I primi cenni storici si hanno intorno al 1100, ma sicuramente il fatto di maggior rilievo è avvenuto nel 1313 quando, il 24 agosto, forse non nel capoluogo ma comunque all'interno del territorio comunale, morì l'imperatore Enrico VII di Lussemburgo, che era sceso in Italia per restaurarvi l'autorità imperiale. La storia narra che l'imperatore, avvelenato durante la comunione da un frate del luogo, sia morto poco dopo lungo la via Cassia, probabilmente presso l'abitato di Serravalle.
La costruzione delle mura iniziò nel 1371 e terminò 12 anni dopo, nel 1383. È il centro più importante della Val d'Arbia, testimoniato anche dalla podesteria che comprende 32 località e dal riconoscimento della cittadinanza senese concesso dai governatori della città nel 1480.
Con la caduta della Repubblica di Siena, nel 1559 entra a far parte del Granducato di Toscana sotto i Medici.
« però che, come in su la cerchia tonda
Monteriggion di torri si corona,
così la proda che 'l pozzo circonda
torregiavan di mezza la persona
li orribili giganti, cui minaccia
Giove del cielo ancora quando tona »
(Dante Alighieri, Inferno canto XXXI, vv. 40-45)
Il diametro del castello è di 172 metri, circondato da una massiccia cinta muraria di forma ellittica dello spessore di ben 2 metri, intervallata da 15 torri e due porte, che cinge un colle chiamato monte Ala. Le torri, oggi, si elevano al di sopra delle mura per 6,5 metri, con uno spessore di 4x6 metri, e ne sono visibili soltanto 11, le altre tre sono state ridotte al livello delle mura, sono state "cimate". Le 11 rialzate sono state, per così dire, restaurate negli anni venti, in occasione del centenario dantesco del 1921, perché visibili dall'allora via di transito principale, la Cassia. Sopra la cinta muraria correva un camminamento che percorreva l'intero perimetro.
La Porta Franca o Romea, orientata verso Sien, sorge alla base di un torrione mentre quella verso Firenze, porta di sotto, si apre nelle mura ed è a fianco da una delle torri del perimetro fortificato.
Entrando dalla Porta Franca o Romea, che in origine era dotata di una pesante cancellata che veniva abbassata in caso di pericolo, si accede a Piazza Roma, il cuore del borgo. La piazza in origine era "a sterro", ovvero senza pavimentazione, ma fu lastricata negli anni settanta con pietra proveniente dalle cave di Rosia, detta Pietra da Torre. A tutt'oggi la piazza è circondata da giardini e orti, molto importanti in passato per permettere la sopravvivenza della popolazione anche in caso di assedio.
Sulla piazza si affaccia la Chiesa di Santa Maria Assunta.
Nel borgo compriamo il "gioco del Pellegrino", basato sulla ricostruzione del viaggio di Sigerico, lungo la via Francigena. Ci fermiamo all'Osteria dell'Orso, fuori le mura, sul bivio con la provinciale per Colle Val d'Elsa, per un panino alla porchetta e proviamo il gioco.Questo locale era frequentato anche dal Pacciani con i suoi "compagni di merende".
Arriviamo con il sole che è da poco tramontato sulla città.