Le premesse per fare bene d'altronde c'erano tutte: un mondo - un futuro per l'esattezza - a noi piuttosto prossimo, coloratissimo e inghiottito dalla tecnologia; un protagonista spaesato e confuso, più bravo a scrivere lettere per curare le relazioni degli altri che badare a quelle che lo coinvolgono; e un sistema operativo parlante, apparentemente perfetto e nuovo di zecca, che promette di integrarsi completamente con la vita del suo acquirente, rintracciandone la personalità e adattandosi ad essa per compiacerlo e soddisfarlo.
E' strano rilevare allora che il punto più debole per Jonze stavolta risieda proprio in quello che da sempre è considerato uno dei suoi punti di forza, e cioè nella capacità di scaldare l'anima, diffondendo calore nelle invenzioni assurde e magiche partorite dalla sua mente. Al contrario di quanto avveniva in "Nel Paese delle Creature Selvagge" infatti, sebbene "Her" si dimostri acuto, ironico e intelligente su molti aspetti, c'è da ammettere che nel suo spazio artificiale su cui va a incastrare i componenti è contenuta qualche ventola di troppo che raffredda le emozioni negandogli di brillare come invece sa fare eccellentemente il suo protagonista. Phoenix è ufficialmente un catalizzatore, il centro assoluto di una storia che lo vede interagire praticamente con il vuoto, divertirsi, commuoversi ed emozionarsi solo con un micro-auricolare attaccato all'orecchio da cui esce una voce sexy (in originale di Scarlett Johansson) programmata sapientemente per dire al suo utente ciò che ha bisogno di sentirsi dire.
Per quanto potremmo provare, mentiremmo, comunque, a nascondere che da "Her" di sicuro ci si aspettava qualcosa in più, uno scossone per esempio, se non addirittura un terremoto viscerale, al contrario Jonze ci lascia perennemente con gli occhi asciutti, ci cattura e ci fa ridere ma manca di energia vitale negli attimi più sinceri. Insufficienza che non possiamo passargli affatto.
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