Interviste libro-culinarie di Federica Gnomo
Oggi salutiamo e ringraziamo l‘autore Gaetano Barreca per aver aperto la porta della sua
cucina in quel di Londra.
Questa intervista sarà leggermente diversa perché l'autore ha voluto interpretarla e parlarci
di sé a tutto campo, rivelandoci di essere un artista poliedrico e pieno di interessi.
E naturalmente molto originale!
La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene?
Sarà che la mia è una famiglia di ben due generazioni di ristoratori, ma mangiare bene per
me è un obbligo. Sono cresciuto in uno dei ristoranti più grandi di Reggio Calabria, in riva
alla spiaggia del bellissimo Stretto di Messina. Mia madre si occupava della preparazione
dei piatti mentre io sognavo già viaggi alla scoperta di nuovi mondi. Il pesce spada è
sempre stato uno dei piatti caratteristici della zona, e il polipo fresco con il limone il mio
antipasto preferito.
Dopo aver vissuto dieci anni nella terra umbra del cinghiale e del tartufo, della torta al
testo e degli strangozzi, oggi vivo a Londra, città multiculturale tra le più estese d’Europa,
dove tuttavia tra una corsa e l’altra non ho mai abbastanza tempo per dedicarmi ai fornelli.
Ritengo che il cibo abbia bisogno d’amore e pazienza per essere preparato, e per questo
mi trovate spesso nei ristoranti della zona in cui vivo, Angel Islington. Tra le cucine che
preferisco, quella italiana detiene ancora il primato. Ho scoperto Sartori un ristorante
napoletano in Leicester Square assolutamente delizioso, piatti abbondanti, non troppo
costosi e degni del tipico sapore dei cibi preparati al Sud. Insomma, ricordano i piatti di
mamma!
E cucinare?
Mangiare è un vero piacere per me, in particolar modo quando il pasto è condiviso con
amici e una bottiglia di buon vino italiano. Cucinare non mi fa impazzire, anche se non
nascondo che uno dei lavori in cui mi sono divertito di più è stato fare proprio il cuoco.
Durante i due anni in cui ho lavorato nel caffè del museo impressionista Courtauld Gallery,
ho avuto modo di dedicarmi anche alla cucina.
Come piatto fisso nel menù c’era la zuppa con scone alle erbe o con insalata e un
formaggio a scelta tra blue cheese, goat cheese o cheddar. Per gli inglesi, la zuppa è un
piatto irrinunciabile - ricordo ancora un giorno in pieno agosto in cui servii ad una signora
la zuppa bollente di carote e peperoni accompagnata da cioccolata calda, l’avrei uccisa!
Qual è stato l’aspetto più entusiasmante del tuo lavoro come cuoco in un museo
britannico?
La cosa più affascinante e divertente era che ogni mostra è abbinata ad un menu a
tema, e assieme al capo cuoco della compagnia ci adoperavamo in ricerche sul sito BBC
food per trovare piatti tipici, buoni e senza troppe difficoltà di preparazione. Sono stato
chiamato ai fornelli per preparare i piatti della cucina inglese per la mostra Life, Legend,
Landscape: Victorian Drawings and Watercolours (17 febbraio – 15 maggio 2011) e in seguito
per preparare i piatti francesi per i visitatori della mostra di Toulouse-Lautrec and Jane Avril
Beyond The Moulin Rouge (21 ottobre 2010- 16 gennaio 2011). Infine, chorizo a volontà
per l’esibizione spagnola di Drawings from Ribera to Picasso (13 ottobre 2011– 15 gennaio
2012). In passato, avevamo avuto anche la cucina italiana con Michelangelo’s Dream (18
febbraio – 16 maggio 2010), ma appena arrivato a Londra il mio lavoro era servire ai tavoli,
godere delle mostre e naturalmente mangiare. In un clima cosi appagante e culturalmente
stimolante, puoi immaginare come scrivere fosse un vero piacere.
Tra queste variegate cucine, quale tra le cose che hai preparato ti piaceva cucinare,
mangiare e soprattutto su quali piatti ricevevi più complimenti?
Tra tutti i piatti che preparavo, quello di cui andavo più ghiotto era la mousse di trota
avvolta in filetti di salmone affumicato, servita con una fetta di limone fresco, insalata verde
e pane di semi per la mostra di Toulouse-Lautrec. I migliori complimenti che ho ricevuto da
numerosi clienti erano per le mie zuppe, qualcuno ha addirittura azzardato dire che in tutta
Londra fossero le migliori!
Invita amici o è invitato?
Mi piace accogliere la gente a casa, un’ottima occasione per comprare fiori freschi e godere
del proprio appartamento. Mi diletto a preparare gli antipasti cercando di portare in
tavola il tipico sapore italiano. Olive, pomodori freschi e secchi, formaggi e salumi vari
accompagnati da grissini e pane di Altamura abbinati con qualcosa di poco nostrano, ma
ottimo con carote e sedano, è l’humus. Il tutto sorseggiando un buon prosecco.
Servo questo gustoso tripudio di sapori mediterranei in soggiorno appoggiando ai tappeti
della casa dei vassoi intrecciati di bambù. Con gli ospiti ci si sposta poi in cucina per
consumare un piatto unico, generalmente le lasagne vegetariane. A differenza dell’Italia in
Inghilterra il tempo delle chiacchiere è preferito sulle poltrone davanti a un tè verde che
concilia la digestione più che intorno alla tavola, per questo gli inglesi scelgono spesso un
piatto unico. Quando l’invito a cena arriva improvviso o non ho tempo da dedicare alla
preparazione, non rifiuto mai la compagnia degli amici e ordino il cibo da un ristorante
italiano locale chiamato “La Divina”.
Vivrebbe con una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli?
Lo faccio già! Per fortuna condivido l’appartamento con altre due donne, che spesso
cucinano per noi, scacciando la tentazione del facile utilizzo di cibi precotti al microonde.
Raccontaci del tuo primo ricordo legato al cibo?
Mi viene da sorridere nel parlarne, ma il pensiero m’intenerisce allo stesso tempo. Avevo
circa sei anni, e rintrato da scuola mi assalì un forte desiderio di mangiare un buon piatto
di gnocchi cucinato da mia madre, ottima cuoca. Mamma Giovanna era molto indaffarata
con i clienti, il ristorante era pieno, e nonostamte le mie capricciose richieste non ebbe
il tempo per cucinarli. Non mi sentii preso in considerazione e con il broncio “scappai di
casa”. Per fortuna mio fratello maggiore mi venne a recuperare. Ero un bambino, eppure
già un promettente viaggiatore.
Hai un piatto che ami e uno che detesti?
Mangio tutto e con gusto, in particolar modo, come detto sopra, amo gli gnocchi e la pasta
al forno. Quello che proprio odio è il sushi - nonostante sia ora abbastanza in voga, il pesce
crudo non fa per me.
Nei tuoi libri a sfondo introspettivo, discorri spesso dei luoghi che hai visitato e delle
sensazioni provate facendole vivere ai tuoi personaggi. Toglimi una curiosità, quando
sei in fase creativa qual’è la bevanda che stimola il tuo senso di raccoglimento ?
Adoro il caffè! Dall’Italia oltre che alla mia inseparabile moka ho portato la tazza rossa del
Nescafé. È la mia compagna fedele che mi segue sin dal mio esordio nel 2008. So che non
è da veri italiani, ma quando scrivo adoro stare con il mio beverone di caffè americano sia
che io scriva a casa che in un coffee shop.
Dove ami scrivere? A che ora ti viene più naturale?
Divido la mia scrittura in tre fasi e luoghi:
1. “Ispirazione/lavoro”, che viene ovunque, e che vivo come un grande dramma
esistenziale. Scrivo appunti dove posso sulle note del cellulare, a lavoro sugli
scontrini ancora bianchi del British Museum o su un piccolo blocco notes che porto
sempre con me.
2. Generalmente trascorro la fase “Contemplativa / coffee-shop” la mattina presto
prima di entrare al lavoro, in un Pret a Manger di Museum Street, con un doppio
espresso, porridge, una goccia di miele e marmellata. Quando posso è un piacere
anche la sera in un coffee shop della mia zona. Porto il mio computer o l’iPad ordino
un caffè americano e un cornetto al cioccolato, in quel tavolino mi rilasso e scrivo
per ore e ore.
3. L’ultima fase è lo “scombussolamento / casa”. Una fase un po’ isterica in cui mi
ritrovo immerso tra infiniti scontrini, appunti sul computer e note sul cellulare. E’
la mia tragedia più grande, i miei coinquilini si fanno sempre sane e grasse risate
quando mi vedono oberato nel mio lavoro. A casa generalmente non mangio
mai davanti al pc, ad eccezione dei momenti in cui mi organizzo con il gruppo di
scrittori no profit Giveight, allora faccio colazione, pranzo, cena spuntino notturno e
quant’altro.
Potremmo aggiungere anche una quarta fase: “il viaggio”. Quale sarà la tua prossima
destinazione?
Stò approfondendo la mia conoscenza dei luoghi di Londra, come per esempio il museo
di Freud e il The Globe, il teatro di Shakespeare, dove spesso mi reco per continuare la
stesura della storia dei Poeti di Cera. In più, ho appena prenotato un viaggio di dieci giorni
che mi vedrà girovagare intorno alla Puglia, per visitare i luoghi dove ho ambientato i miei
due romanzi Inquietudini di Cera e Martini Bias Crime, sto revisionando e aggiungendo
informazioni ai miei libri perchè presto li proporrò al pubblico inglese. Trattano della
storia d’amore di Icaro e Alessandro, alle prese con la loro crescita in una realtà ostile
al puro sentimento. Si conoscono nel periodo universitario, e attraverso le lettere che
si scriveranno e i diari segreti della loro adolescenza riveleremo l’infanzia feroce e triste
vissuta da entrambi. Icaro affronterà il tema dell’adozione e tratti di psicologia sulla
creazione di un mondo interiore. Alessandro si scoprirà figlio della Quarta Mafia di Bari e
per vivere in un mondo onesto e meritevole della sua unicità deciderà di lasciare l’Italia. In
questi scritti non c’è traccia di rimpianti o autocommiserazione, ma solo voglia di andare
avanti e rivalsa, vivere per i propri ideali fino alla morte.
“I Poeti di Cera sono geni incompresi, folli temerari capaci di vedere al di là delle cose.
Viaggiatori instancabili che vivendo di passione e sogni lasciano un segno indelebile tra la gente
rivoluzionando il mondo.”
Arricchirai il libro anche a livello enogastronomico?
Certamente, è noto che gli inglesi amano la cucina italiana e che gli italiani amano la cucina
tradizionale, impossibile dunque non citare i piatti della Puglia che oltre a evocare luoghi di
appartenenza richiamano anche i sapori di una vecchia e affascinante cultura.
Altri progetti per il futuro?
Ho appena incominciato una collaborazione didattica con il dipartimento d’educazione del
British Museum per la mostra su Pompei ed Ercolano che si terrà nel mese di marzo 2013,
se il progetto andrà a buon fine, anche il mio nome di scrittore di favole e racconti per
bambini avrà il suo momento di gloria nel Regno Unito. Ancora, è prevista la presentazione
del mio libro all’Estorick Collection of Modern Italian Art dove presto volontariato. É mia
intenzione infatti portare oltre che ai miei versi ed estratti del miei libri anche un pò di
Taranta, la danza tipica della Puglia.
Potete seguire tutti i miei progetti sulle mie pagine Facebook o sul mio sito web
gaetanobarreca.com.
Romanzi, poesie, favole e in passato anche due mostre di quadri, Gaetano
Barreca è dunque un artista completo. Per concludere, ci puoi consigliare una
ricetta che ti piace particolarmente?
Siamo vicini alle feste natalizie, ritengo dunque doveroso consigliarvi una ricetta degna
della tradizione inglese, Plum-Pudding o Budino Inglese di Natale, preparato e servito in
ogni famiglia durante le festività natalizie.
Ogni madre ed ogni nonna ha la propria ricetta, spesso tramandata da generazioni.
La tradizione racconta che ogni donna che lo prepara mette nell’impasto un piccolo
oggetto che sarà un portafortuna per chi lo trova. Il termine Plum-Pudding vuol dire alla
lettera “budino di prugne”, benché questo ingrediente non sia presente nella ricetta.
La preparazione è laboriosa e richiede molto tempo (è necessario far riposare il budino
per tre settimane!), pazienza nell’esecuzione e nella ricerca degli ingredienti. La bontà del
risultato però è garantita! Per i dettagli sulla preparazione consiglio ai lettori di googolare(cercare su google,n.d.e) la ricetta perché parecchio lunga e alquanto complicata.
Quale frase tratta dalla tua opera o dalla tua esperienza possiamo portarci nel cuore
abbandonando Londra?
“I cammini delle persone sono tanti, le strade s’incrociano, si sfiorano, si scontrano, si ritrovano
e sì perdono. Però ognuno è unico e ogni incontro per quanto possa durare è speciale, magico
dobbiamo cogliere questo, dobbiamo apprezzarlo e conservarlo dentro di noi.”
Inquietudini di Cera, 2012 Lulu edizioni
Grazie per la sua disponibilità
Federica Gnomo