Interviste libro - culinarie di Federica Gnomo Twins
Oggi salutiamo e ringraziamo l’autore Roberto Martinez, “La sesta goccia d’acqua”, IoScrittore/Gems, 2013, per averci aperto la porta della sua cucina.
Prendete un portinaio sornione, un sindaco donna senza scrupoli e un accompagnatore vanesio. Poi affiancateli ai loro i rispettivi gemelli: un detective fallito, una fricchettona di ritorno dal Tibet e un evaso di galera dagli appetiti animaleschi. Aggiungete infine che ognuno di loro è impegnato a inseguire il proprio piccolo tornaconto personale, spinto da un’innata ingenuità (o forse sarebbe meglio definirla stupidità?). Cosa accade se tutti questi assurdi personaggi si aggirano in un silenzioso condominio alle porte di Torino sotto il torrido sole di agosto? Le conseguenze non potranno che essere esilaranti. Tra scambi d’identità, un efferato omicidio, un politico corrotto e scene di sesso ai limiti del ridicolo, prende vita una commedia degli equivoci travolgente e irresistibile, raccontata con uno stile personalissimo e frizzante, per cui sarà davvero un’impresa trattenere le risate. E alla fine non vi resterà che una domanda: ma chi sono davvero i miei vicini di casa?
Complimenti il libro deve essere veramente gradevole! Cominciamo l’intervista. La prima domanda di rito è: le piace mangiare bene? E cucinare? Entrambe le cose. Però, se cucino io, preferisco vedere mangiare gli ospiti. Io mi limito ad assaggiare. Lo fa per dovere o per piacere? Per piacere e “per piacere”. Invita amici o è più spesso invitato? Fifty fifty. Ha mai conquistato amici o una donna cucinando? Be’, chissà… Sicuramente ci sono state occasioni in cui è aumentata la mia autostima. Vivrebbe con una compagna o un compagno che non sa mettere mani ai fornelli? Sì, tanto ci penso io. Quando ha scoperto questa sua passione? Non è stata una vera e propria scoperta. Con l’esperienza mi sono reso conto che alcuni piatti mi venivano benissimo. Inoltre, da bravo creativo (che è la mia vera professione), sono abile ad aggiungere quel tocco scenografico ai piatti. Come dire, l’abito fa il monaco. Ci racconta il suo primo ricordo legato al cibo? Otto anni o giù di lì. Una sera d’inverno. Mia madre che mi propina caffelatte e prosciutto cotto, un’usanza tutta piemontese; poi i miei e mia sorella maggiore a tavola a colpi di bagna caoda. Ecco, mi sono reso conto di essere ancora troppo piccolo e inadeguato per essere sverginato dai sapori forti. Una storia molto triste. Ha un piatto che ama e uno che detesta? Mmmh, è difficile fare una classifica perché dipende da chi cucina, dalla stagione, dalla qualità degli ingredienti, dal contesto… Va be’, la pasta al forno di mia sorella Evita. Imbattibile. Un piatto che detesto: l’anguilla marinata. Un colore dominante proprio di cibi che la disgustano? Il marrone tipico del fagiolo messicano spiaccicato. Quando è in fase creativa ha un rito scaramantico legato al cibo? Prende caffè? O tè, una bibita speciale per stare fermo a scrivere? Consumo tutto quello che mi capita a tiro in modo compulsivo. Scrive mai in cucina? Mai. Dove ama scrivere? E a che ora le viene più naturale? Scrivo in studio o nel salone di casa, appoggiato da qualche parte col portatile. Purtroppo, non essendo uno scrittore professionista, posso scrivere solo di sera o durante i weekend; mattina o pomeriggio, non fa differenza. Si compra cibo pronto (tramezzini, pizza, snack) o si cucina anche quando è molto preso dalla scrittura? Naturalmente. Anche se gli schizzi di maionese sulla tastiera sono pericolosi. Che tipo di cibo desidera di più quando scrive ed è preso dal suo lavoro? Salato o dolce? Salato, senza alcun dubbio. Magari il dolce quando rileggo. Ha un aneddoto legato al cibo da raccontarci? O una cosa carina e particolare che le è accaduta? In Malesia mi avevano portato un piatto di gamberoni accompagnato da una ciotolina di vetro con un liquido marrone. Pensando che fosse soia l’ho rovesciata sui crostacei e ho iniziato a mangiare. Bene, è intervenuta una cameriera ridendo, facendomi notare che quell’intruglio serviva per lavarsi le mani. Lei è uno scrittore umoristico; quando esce a cena con i suoi figli, o amici che tipo di locale preferisce? E quando esce con sua moglie? Al di là della compagnia, a Torino che è la mia città, mi piace provare ogni genere di locale, soprattutto quelli etnici. Poco tempo fa ho mangiato in un buchetto del centro con quattro posti dove cucina una signora giapponese: niente sushi e gusti da piangere di gioia. Poi mi piacciono i posti legati alla tradizione del territorio. Quindi agriturismi, trattorie e vecchie osterie. Per le cenette romantiche, è obbligatorio il terrazzo con vista sul mare e candela rigorosamente accesa sul tavolo. Peccato che a Torino non ci sia il mare. E per festeggiare una pubblicazione? Cosa tende a ordinare in un locale? Menù alla carta, eh eh. Nelle sue presentazioni offre un buffet? Pensa sia gradevole per gli ascoltatori intervenuti? Vengono solo per quello. Tende a fare un aperitivo con due olive e patatine o a offrire quasi un pasto completo? Odio le olive e le patatine associate all’aperitivo. E il pasto completo è un filo impegnativo. Meglio grissini, salame e parmigiano. Ha mai usato il cibo in qualche storia? Non mi pare. Ad esempio in “La sesta goccia d’acqua” ci sono passi che ricordano cibi o profumi di cibo? Il cibo è mai protagonista? In maniera molto marginale. “La sesta goccia d’acqua” a che ricetta lo legherebbe, e perché? Il romanzo parte con una citazione: “Ogni uomo nasce gemello, colui che è e colui che crede di essere”. Più che una ricetta, ci vedo bene i bigné, quelli mignon torinesi ovviamente, perché al di là del colore della glassa che ti può dare un indizio sul ripieno, spesso ti sorprende con un gusto inaspettato. Per concludere ci potrebbe regalare una sua ricetta? Quella che le riesce meglio? Non so se è quella che mi riesce meglio, ma è facile e veloce. POLLO ESOTICO Per quattro persone: soffritto di scalogno in pentola di terracotta, due petti di pollo tagliati a tocchetti, un cucchiaio di curry fatto sciogliere in acqua calda, una mela grossa ridotta a cubetti. Quando la carne è ben cotta, una confezione piccola di panna da cucina ad amalgamare il tutto. Riso basmati con uvetta servito a parte. Il piatto si può arricchire con prugne secche e datteri passati al vapore o semi di melograno. Quale complimento le piace di più come cuoco? Ti amo. E come scrittore? Mi hai fatto piegare in due dalle risate. Che frase tratta dalla sua opera o dalla sua esperienza di scrittore possiamo portarci nel cuore uscendo dalla sua cucina? Conosco uno chef così bravo che guadagna soldi a palato. Grazie per la sua disponibilità. Grazie a lei Federica, anche a nome del mio socio Silvio Bosticco. Poverino, è a casa con un ascesso tonsillare. E complimenti sinceri per il colore degli occhi… posso invitarla per un risotto?