“Zé è un personaggio unico perché non ha nulla a che fare con credenze, superstizioni e luoghi comuni, insomma, un personaggio che non subisce alcun tipo di influenza. È troppo lontano dall’ipocrisia cattolica e da quella del voodoo. La sua filosofia di base riguarda la ricerca della verità e della giustizia. Lui è contro ogni tipo di religione, è troppo puro e vero”.
In una intervista rilasciata ad Andrea Mi e Andrea Novarin per l’undicesimo numero (Gennaio-Febbraio 1998) della mitica rivista di cinema Amarcord, il cineasta brasiliano José Mojica Marins descrisse così il bizzarro becchino Zé do Caixão (internazionalmente conosciuto come Coffin Joe), interpretato da lui stesso all’interno del suo primo lungometraggio dell’orrore, nonché quello che gli regalò la notorietà e che introdusse il genere nella cinematografia appartenente alla propria nazione: À meia-noite levarei sua alma (1964).
Lungometraggio circolato dalle nostre parti soltanto in tv – a fine XX secolo – con il titolo A mezzanotte possiederò la tua anima, come pure altri due lavori del regista e attore: Esta noite encarnarei no teu cadáver (1967) e O ritual dos sádicos (1970), rispettivamente trasmessi come Questa notte mi incarnerò nel tuo cadavere e Il risveglio della bestia.
Cofanetto che ci permette, quindi, di celebrare nella giusta maniera la ingiustamente poco nota figura di colui che, caratterizzato da abbigliamento nero come la sua barba, cappello a cilindro alla Mandrake (del resto, è anche dall’universo dei fumetti che attinge) ed lunghe unghie, ci spinge quasi a pensare che possa essere stato non poco influente sul concepimento del Freddy Krueger della serie Nightmare, complice anche il macabro carisma.
Perché è impossibile non rimanere conquistati da Zé dal momento in cui apre À meia-noite guardando verso il pubblico e cimentandosi in un breve monologo di filosofia spicciola relativo alla vita e alla morte; prima ancora di venire a sapere che non si tratta altro che di un crudele individuo odiato dagli abitanti di una isolata cittadina di campagna a causa della sua violenza gratuita e del disprezzo di ogni morale, oltre che ossessionato con la generazione del figlio perfetto per dare continuità al proprio sangue, credendosi una creatura assolutamente pura.
Ossessione che, non essendo la moglie in grado di rimanere incinta, lo porta a stuprare la ragazza di un suo amico, la quale si suicida giurando vendetta; nel corso di un’operazione in bianco e nero che, sguazzante in mezzo ad uccisioni nella vasca da bagno, dita negli occhi ed altre amputate, si rivelò non poco audace per l’epoca della sua realizzazione (lo splatter era ufficialmente nato solo l’anno precedente, negli Stati Uniti, con Blood feast di Herschell Gordon Lewis), fino a spingere le frange conservatrici del potere politico brasiliano a vietarne la proiezione in diverse città.
Fino al momento in cui, tormentato per aver ucciso una povera incinta, sprofonda in un incubo infernale, ovvero l’unica situazione a colori di un sequel che, comprendente anche un uomo schiacciato da un masso, non solo si rivela precursore della tematica satanica legata all’erotismo su schermo, ma sembra quasi anticipare di quasi quattro decenni la filosofia del Jigsaw della saga Saw nell’evidenziare in che modo Zé sia un torturatore seriale per “nobili” scopi.
Ed è proprio l’opera in questione ad essere proiettata in una sala, ad un certo punto, durante l’ultimo, succitato titolo incluso in questo primo volume, versione integrale della tagliata O despertar da besta.
In questo caso, sfruttando uno scenario urbano moderno il caro vecchio José incarna se stesso abbandonando il proprio alter ego su celluloide, che utilizza soltanto per manifestare quale possa essere la sua influenza su quattro volontari cui uno psichiatra, intento a dimostrare il legame indissolubile tra droga e devianza criminale, ha somministrato l’LSD.
Perché, con elementi che precedono La montagna sacra (1973) di Alejandro Jodorowsky, è un esperimento immerso nel metacinema e camuffato da finta inchiesta socio antropologica immersa nell’allucinato clima di protesta di allora quello che si risolve in una rassegna di psichedelici deliri tempestati di furioso sadomasochismo e tanto sesso malato.
Ma non finisce qui, in quanto, al di là di un interessante libricino, sono più di due ore di contenuti speciali ad accompagnare il trittico.
Contenuti che, a partire dai trailer di diverse fatiche marinsiane e da gallerie di manifesti, trofei e fumetti, offrono uno spot realizzato per la Net Films, una sequenza alternativa di À meia-noite girata nel 2002, il cortometraggio Reino sangrento (1952), estratti da A sina do aventureiro (1958) e Meu destino em tuas mãos (1963), una breve visita al museo di Zé, due documentari ed abbondanza di interviste a Marins ed a tutta una serie di nomi legati alla Settima arte made in Brazil.
Lasciatevi risucchiare dal tenebroso, trasgressivo e visivamente accattivante mondo di Coffin Joe!
Francesco Lomuscio