In Grecia solo se vince Syriza l’Europa si salva

Creato il 16 giugno 2012 da Tnepd

di Gennaro Carotenuto
gennarocarotenuto.it

Ha voglia di sgolarsi Alexis Tsipras (foto), il dirigente della coalizione di sinistra Syriza che domani potrebbe vincere le elezioni greche, a ripetere “noi, come il 70% dei greci, siamo per l’Euro e per l’Europa”. Più lo dice e più i giornali reinterpretano: “Se vince Syriza è la fine dell’Euro”, “Referendum tra Euro e Dracma”, laddove Dracma vuol dire Tsipras ed Euro vuol dire continuare a far sopportare alla Grecia le misure draconiane decise dalla troika che hanno svuotato gli ospedali di medicine e portato alla fame bambini e anziani. Addirittura il Financial Times, nell’edizione tedesca, fa un appello a resistere alla demagogia di Tsipras e non votare Syriza. Dei balbettii su carta velina della stampa italiana non vale neanche la pena riferire, allineata e coperta dietro le parole d’ordine monetariste per le quali Syriza sarebbe una sorta di partito dei black bloc sui quali spargere terrore come fossero nuovi cosacchi pronti ad abbeverarsi alle fontane di San Pietro.

Fa specie soprattutto che la severissima stampa finanziaria mondiale, dal citato Financial Times all’Economist fino al Sole24Ore, bramino una vittoria di Antonis Samaras, il leader del partito di centro-destra Nuova Democrazia. Giova ricordare che Samaras è parlamentare dal 1977 ed è stato ministro di quasi tutto (dalle Finanze agli Esteri alla Cultura) per il partito che ha truccato i conti per entrare nell’Euro, ha fatto esplodere il debito estero, ha depredato i conti dello Stato, ha favorito smaccatamente gli straricchi condividendo in cambio le peggiori politiche clientelari del PASOK (il suo rivale gemello di centro-sinistra) e infine condiviso con i socialisti la responsabilità di firmare il memorandum. È ovvio, quanto patetico, che la grande stampa finanziaria mondiale affidi l’ultima trincea del neoliberismo decadente a un partito di corrotti yes-men pronti a firmare qualunque patto scellerato, incluso mandare a morte per fame i figli dei loro connazionali, o far mancare medicine salvavita ai loro vecchi, pur di mantenere uno strapuntino di privilegio. È a questi scilipoti che la più autorevole stampa mondiale vuole affidare le sorti di undici milioni di greci. Sono questi scilipoti, secondo loro, i difensori dell’Europa in una nuova battaglia delle Termopili dove Syriza rappresenterebbe i persiani.

Lo fanno, seminando terrore, perché un’eventuale vittoria di Syriza, lungi dal significare la morte dell’Europa e dell’Euro, mostrerebbe che il re è nudo e che da Maastricht in avanti si è installata a Francoforte più che a Bruxelles o a Strasburgo una dittatura della finanza. Questa, in sinergia con la City di Londra e Wall Street, sta svuotando dall’interno l’idea dell’Europa sociale possibile e necessaria e sta condannando il Continente alla marginalità sociale, culturale ed economica, mera appendice dell’Occidente americano, superato dalle nuove capitali del mondo multietnico e multipolare che nessuna destra occidentalista riuscirà a fermare. Lo fanno perché una vittoria di Syriza non solo mostrerebbe che è possibile anche altrove (altro che grillismi) aggregare coalizioni di sinistra in grado di parlare a maggioranze e non elemosinare foto a Vasto. Lo fanno perché una vittoria di Syriza griderebbe una volta di più che tutti i piani di salvataggio altro non sono che brutali trasferimenti di ricchezza dai popoli al sistema finanziario speculativo che regge il mondo. Una vittoria di Syriza, dopo il segnale più timido ma altrettanto importante dato da François Hollande a Parigi, allora, rappresenterebbe semmai la rinascita dell’Europa.

Da quando in qua rinegoziare un debito, che è quello che vuol fare Tsipras, escludendo il default e l’uscita dall’Euro tra le opzioni, è un evento così drammatico? Si rinegoziano debiti tutti i giorni da che mondo è mondo. Perché mai i greci dovrebbero accettare di continuare a farsi stuprare? Da quando in qua politiche di sostegno ai salari, il microcredito alle famiglie e alle piccole imprese, tutte cose che stimolerebbero un po’ di domanda interna, sarebbero politiche così scellerate? E la riduzione delle spese militari? Non sarebbe semplicemente saggezza? Altro che demagogia! Quella di Syriza non è altro che responsabilità verso il popolo greco e verso tutto il popolo europeo.

È per questo che fa così paura questo ragazzo greco neanche quarantenne. Perché ricorda il dilemma latinoamericano negli anni ‘90. Quando in Argentina migliaia di bambini erano condannati a morte dal Fondo Monetario Internazionale, a chi diceva che piuttosto che pagare il debito estero era più importante salvare quei bambini (da Tucumán a Santiago del Estero al Gran Buenos Aires, bambini con nomi e cognomi, volti, occhi, sorrisi sempre più spenti dall’inedia e poi dalla carestia indotta dal neoliberismo reale) rispondevano all’unisono sdegnati: “il primo dovere di un paese, l’unica via onorevole, è pagare i propri debiti. Svendete, privatizzate, dollarizzate! A quei bambini penserà la mano invisibile del mercato”.

Se Syriza domani vincerà, ma anche se non vincerà sarà forza fondamentale di un governo di coalizione, in Grecia si ricomincerà a far politica e a cercare davvero soluzioni alla crisi che il dogmatismo interessato dei mercati ha finora impedito. Siamo tutti greci. Siamo tutti Alexis.

* Gennaro Carotenuto insegna Storia dell’Europa Contemporanea nella laurea magistrale in Storia dell’Università di Macerata.

Gennaro Carotenuto su http://www.gennarocarotenuto.it


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