In memoria dei 20 bambini del Connecticut

Da Trentinowine

di Patrizia Belli – La bambina era inquieta. Aveva macchiato il grembiulino quella mattina a colazione. La mamma si era indispettita.

«Possibile, che niente ti resti pulito?»

Lei aveva abbassato il capo. La mamma l’aveva guardata con severità.

«Andrai a scuola così. L’altro grembiule non è pronto. Non ho fatto in tempo a lavarlo.»

La bambina non aveva replicato, s’era infilata il giaccone e aveva preso l’autobus della scuola. In classe aveva cercato di tenersi il giubbotto addosso, ma la maestra era stata irremovibile.

«Lascialo fuori dalla classe.»

Lei lo aveva appeso al gancio e quando era rientrata aveva il volto rosso per la vergogna. I compagni avevano ridacchiato nel vedere la patacca gialla sul grembiulino. A lei sembrava di sentire anche il puzzo delle uova fritte. S’era infilata in un banco in fondo alla classe. Avrebbe tanto voluto essere invisibile.

La maestra illustrava una mappa geografica appesa alla parete, parlava di monti e fiumi, la bambina pensava alla madre che a quell’ora serviva colazioni nel bar del quartiere *** e sarebbe rientrata la sera coi piedi gonfi e quella strana virgola di tristezza attorno alla bocca.

All’improvviso un rumore forte come uno schiocco irrompe nella scuola e la voce amplificata di una donna che urla di fuggire. In quel momento la porta si spalanca e appare un giovane. È lui che emette quei suoni tremendi. Non fa in tempo la bambina a vedere il grembiulino che si colora di rosso. Proprio lì, sul petto, sopra la chiazza gialla. Lo vedrà la madre quando tufferà le mani in quella macchia scarlatta. Per l’ultima disperata carezza.