In memoria di giuliano gemma

Creato il 09 ottobre 2013 da Letteratitudine

Il secondo appuntamento della rubrica PELLICOLE ITALICHE da rivedere, curata da Gordiano Lupi, abbiamo voluto dedicarlo all’attore Giuliano Gemma, che è scomparso pochi giorni  fa (il 1° di ottobre) a causa di un incidente automobilistico. Tutti coloro che vorranno intervenire lasciando commenti volti a ricordare Giuliano Gemma (con riferimenti a uno o più film in particolare) saranno i benvenuti.

Qui di seguito troverete un articolo di Gordiano Lupi e la recensione del film “Arrivano i Titani” (1961) di Duccio Tessari (Giuliano Gemma era nel cast nei panni di Crios). In coda, il video con la presentazione dello stesso Tessari e uno spezzone del film.

Ringrazio tutti in anticipo per la partecipazione.

Massimo Maugeri

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Giuliano Gemma, l’eroe della mia generazione

di Gordiano Lupi

Giuliano Gemma (1938 - 2013) rappresenta buona parte della mia infanzia. La prima volta che l’ho visto al cinema - in una saletta di terza visione nel quartiere operaio della mia città - vestiva i pani di Ringo e si faceva chiamare Montgomery Wood. Credevo che fosse americano, pure mio padre lo pensava, lui che disprezzava il western italiano, ma era andato in delirio per tutte le pellicole di Sergio Leone, convinto che fossero interpretate da attori d’oltreoceano. Magia degli pseudonimi, ma pure magia del ricordo d’un bambino che stringeva un pacchetto di semi, varcava le porte del Cinema Teatro Sempione (scomparso nella nebbia del tempo perduto) per andare a vedere un peplum, al tempo che manco sapeva cosa volesse dire peplum, come Arrivano i Titani. Da grande quel bambino avrebbe scoperto che sia i due Ringo (Una pistola per Ringo, Il  ritorno di Ringo) che il peplum erano opera di Duccio Tessari, un regista italiano che avrebbe usato spesso Giuliano Gemma (Kiss kiss… bang bang, Vivi o preferibilmente morti, Tex e il signore degli abissi), considerandolo un suo attore feticcio. Abbiamo trovato un ricordo di Giuliano Gemma che fa riferimento a quel periodo storico: “Il primo film che ho fatto con Tessari è Arrivano i Titani, un lavoro che smitizza il peplum dove recito con il mio vero nome. Il primo western che ho interpretato è Una pistola per Ringo (1965), film in cui nasce il mio pseudonimo, Montgomery Wood. Si trattava di una condicio sine qua non per fare il film, imposta dalla produzione che voleva venderlo come nordamericano. Era una moda. Mi obbligarono e lo pseudonimo lo scelse il produttore. A me andava bene tutto. Sono riuscito a usare il mio vero nome solo a partire dal terzo western come protagonista. Ho fatto due western della serie Ringo, entrambi con Tessari, tutti e due buoni lavori, ma fondamentalmente diversi l’uno dall’altro. Una pistola per Ringo è un film ironico, nelle corde di Tessari, girato con il suo inconfondibile stile. Il ritorno di Ringo è un film drammatico, ispirato all’Odissea. Il primo è più divertente, il secondo più serio. Sono due film coprodotti con gli spagnoli, girati nella penisola iberica, interpretati da Fernando Sancho, persona simpatica e grande mangiatore, che poi ho ritrovato in Arizona Colt (Michele Lupo, 1966, nda). Nel cast ricordo anche George Martin, un ginnasta spagnolo molto atletico con cui spesso mi allenavo. E che dire di Pajarito? Un personaggio inventato da Tessari, uno spagnolo che parlava in modo buffo e si occupava di produzione. Tessari lo utilizzò come attore dandogli il soprannome che aveva nella realtà. Una pistola per Ringo è un film ironico che anticipa il western comico di Barboni, alternativo al cinema di Leone, ma non meno violento, nonostante l’ironia. Nella mia carriera non ho mai interpretato personaggi cliché, né stereotipi. Pure nei due film della serie Ringo differenzio i personaggi. Nel primo sono un pistolero ironico e strafottente. Nel secondo sono un eroe cupo e represso che torna a casa dopo una lunga guerra, una sorta di Ulisse - Ringo. Vivi o preferibilmente morti è un altro western diretto da Tessari, sceneggiato niente meno che da Ennio Flaiano, nato dalla mia amicizia con Nino Benvenuti sin dai tempi del militare. Si sperava che andasse meglio, che la coppia Gemma - Benvenuti portasse più gente al cinema, che il debutto di Sidney Rome incuriosisse il pubblico. L’incasso non fu male, comunque, ma la critica distrusse il film. Ma il  vero insuccesso tra i lavori di Tessari da me interpretati fu Tex e il signore degli abissi (1985), una pellicola che non era western all’italiana e che non funzionò per niente. Credo che sia il peggior western di Tessari, nonostante ci fosse William Berger, un ottimo attore. La storia era sbagliata, servivano troppi soldi per realizzarla, ma noi disponevamo di un budget irrisorio. La produzione non aveva la possibilità di costruire un accampamento indiano di venti tende (ce n’erano soltanto tre) e neppure di affittare cinquanta cavalli (erano dieci). La storia di Tex venne scelta male perché troppo complessa e costosa da realizzare al cinema. Conoscevo bene i fumetti di Tex, un eroe della mia infanzia, ed ero orgoglioso di prestare il volto al ranger mezzo sangue. Ma avremmo dovuto sceneggiare una storia low-budget, stile spaghetti-western, non un soggetto ambizioso che finì per restare irrisolto. Persino Gianni Ferrio compose una musica anonima, in piena sintonia con il film. L’insuccesso fu così clamoroso che bloccò l’idea di girare una serie di ventuno film televisivi con protagonista Tex. Una pistola per Ringo resta il mio film preferito, comunque. Forse perché il primo western non si scorda mai…”. Abbiamo fatto ricordare al protagonista parte della sua carriera western, che è proseguita con Tonino Valerii e Giorgio Ferroni, ma Giuliano Gemma non è stato soltanto l’eroe buono, il castigamatti, il pistolero della mia generazione. Ha interpretato un intenso ruolo da protagonista ne Il deserto dei Tartari (1976) di Valerio Zurlini e Il prefetto di ferro (1977) di Pasquale Squitieri. E che dire dei ruoli comici ne Anche gli angeli mangiano fagioli (1973) di Barboni e Il bianco, il giallo, il nero (1974) di Sergio Corbucci? Impossibile citare tutto il suo grande lavoro nel cinema italiano, ma se vi interessa approfondire consigliamo la lettura di Roberto Poppi, che ha scritto un imperdibile libro sugli attori italiani, edito da Gremese. A noi piace ricordare Giuliano Gemma mentre cavalca nelle improbabili praterie dello spaghetti western, perché - come ha detto lui - il primo western non si scorda mai.

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“Arrivano i Titani” (1961) - di Duccio Tessari

recensione di Gordiano Lupi

Duccio Tessari (Genova, 1926 - Roma, 1994) è un autore a tutto tondo del nostro cinema di genere, prima prolifico sceneggiatore di pellicole mitologiche e documentarista, quindi regista di fiction capace di muoversi con disinvoltura tra peplum, western, commedia, poliziesco, melodramma, thriller, film d’avventura e di guerra. La sua cifra stilistica è l’ironia, che anticipa i lavori anni Ottanta del western comico interpretati da Bud Spencer e Terence Hill. Una pistola per Ringo e Il ritorno di Ringo sono due western del 1965 che si ricordano con piacere, ma è notevole anche il poliziesco La morte risale a ieri sera, ispirato a un romanzo di Scerbanenco con protagonista Duca Lamberti. La critica è unanime nel dire che il suo film più riuscito è Tony Arzenta (1973), un noir interpretato da Alain Delon. Tessari si dedica a smitizzare i generi, trattandoli con ironia, ma nell’ultima parte della carriera gira molti film televisivi affrontando argomenti più seriosi. Il suo unico errore è stato aver tentato di portare al cinema un mito come Tex nel poco riuscito Tex e il signore degli abissi (1985), interpretato da Giuliano Gemma.

Arrivano i Titani (1961) è il primo film da regista di Duccio Tessari, una parodia di un genere al quale ha dedicato tutta la prima parte della sua carriera. La pellicola anticipa il western all’italiana, che sarà un altro degli amori di Tessari, ma soprattutto il western comico e scanzonato di Enzo Barboni.

Soggetto e Sceneggiatura: Duccio Tessari ed Ennio De Concini. Musiche: Carlo Rustichelli. Montaggio: Maurizio Lucidi. Fotografia: Alfio Contini. Produttore: Franco Cristaldi. Interpreti: Pedro Armendáriz (Cadmo), Giuliano Gemma (Crios), Jacqueline Sassard (Antiope), Antonella Lualdi, Serge Nubret, Gérard Séty, Tanya Lopert, Ingrid Schoelle, Franco Lantieri, Monica Berger, Maria Luisa Rispoli, Isarco Ravaioli, Aldo Podinottì, Fernando Rey, Fernando Sancho, Alfio Caltabiano, Ileana Grimaldi ed Erika Spaggiari.

L’azione si svolge a Creta, governata dal folle tiranno Cadmo, che ha avuto una terribile profezia: perderà il trono se la figlia Antiope si innamorerà. Cadmo si autoproclama Dio, rende immortale anche la moglie, quindi rinchiude la figlia in una prigione dorata, privandola di contatti con l’esterno. Giove, che non sopporta miscredenti e tiranni dispotici, si adira con Cadmo e manda sulla Terra il Titano Crios con il compito di uccidere il signore di Creta. Al termine di una serie di avventure mirabolanti, Crios corona il suo sogno d’amore con Antiope e l’intervento degli altri Titani provoca una rivolta popolare contro il tiranno.

Duccio Tessari dopo aver sceneggiato molti peplum seriosi e avventurosi si dedica alla smitizzazione del genere, chiamando a interpretare la pellicola un insolitamente biondo Giuliano Gemma, alla prima prova come attore dopo anni di gavetta. La pellicola può dirsi riuscita anche per merito dell’interpretazione sopra le righe di un ottimo Giuliano Gemma. L’attore rende credibile un personaggio scaltro e acrobatico, che lotta per la libertà e per conquistare il suo amore. Il regista e lo sceneggiatore compongono un calderone di ricordi mitologici che vanno da Polifemo alle Parche, passando per la Gorgone, Plutone e il regno negli inferi, ma ben amalgamato e ancora oggi godibile in un contesto ironico e di pura azione. Le sequenze che vedono Giuliano Gemma e i suoi fratelli Titani impegnati in solenni scazzottate anticipano il clima da spaghetti - western e il cinema comico anni Ottanta di ambientazione western.

Arrivano i Titani è un interessante esempio di commistione dei generi, perché al suo interno troviamo il peplum classico rivisto alla lente dell’ironia tipica di Tessari, il melodramma, l’action - movie,  suggestioni horror, elementi di cinema fantastico e parti di puro romanticismo. Un film sperimentale, una provocazione a metà strada tra il mitologico e il melodramma sentimentale. Le scenografie sono spesso di cartapesta colorata, ma si segnalano ottimi esterni e parti suggestive girate all’interno di grotte che compongono una buona atmosfera infernale. Il clima da horror fantastico è evidente nelle scenografie cupe, nella discesa negli inferi e in alcune sequenze che vedono protagonisti ciclopi, esseri mitologici e divinità dell’Olimpo. Puro cinema fantastico quando Giuliano Gemma ruba l’elmo di Plutone che lo rende indivisibile ai soldati del signore di Creta. Le sequenze di azione sono spettacolari e Giuliano Gemma fa sfoggio di tutta la sua prestanza fisica e abilità di acrobata. Il messaggio politico è presente come in tutti i peplum, anche se molto sfumato: “Le parole di un uomo libero nessuno può imbrigliarle”, dice Giuliano Gemma in una delle prime sequenze.

Segnaliamo diversi falsi storici e commistioni di usanze che non hanno niente a che vedere con la Grecia, come quando il regista mette in scena una sorta di corrida tra tori e amazzoni, che sembra un inserto riempitivo prelevato da un’altra pellicola.

Il personaggio interpretato da Giuliano Gemma è un abile ribelle dalla lingua sciolta, che sfida il signore di Creta per amore e per compiere il volere di Zeus. Il suo messaggio è non violento e cavalleresco: “Basta vincere. Non c’è bisogno di uccidere”. Jacqueline Sassard è bella ed espressiva, perfetta nella parte della ragazza ingenua, sacrificata al volere di un dispotico padre. A un certo punto si intravede, molto sfumato, pure un seno nudo. Il massimo dell’erotismo per i tempi, insieme ad alcuni baci sensuali. Il finale vede la consueta sfida tra buono e cattivo con conseguente liberazione della bella in pericolo, ma anche un velato romanticismo con la storia d’amore che giunge a compimento. I Titani liberano Creta da un signore dispotico e si abbandonano alla consueta ironia: “Questa è stata proprio un’impresa titanica!”. Da riscoprire.


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