In memoria di Samir Kassir (1960-2005)

Creato il 02 giugno 2013 da Chiarac @claire_com_

Oggi permettetemi una digressione: vorrei commemorare il giornalista, storico e intellettuale libanese Samir Kassir, che il 2 giugno del 2005 a Beirut, veniva ucciso da un’autobomba piazzata sotto il sedile della sua auto, parcheggiata davanti casa. La sua morte seguiva quella di Rafiq Hariri, ex primo ministro libanese, morto in un sanguinoso attentato il 14 febbraio dello stesso anno.

Kassir era nato a Beirut nel 1960 da padre palestinese e madre siriana. Questa triplice identità informò sempre i suoi articoli e l’attività politica: la sua intera esistenza, privata e professionale, fu infatti sempre legata a questi tre paesi fondamentali nello scacchiere mediorientale. In quanto intellettuale, Kassir a favore di una più ampia prospettiva sulla democrazia e sulla libertà non solo in Libano ma anche in Siria e nel resto del mondo arabo. Il suo sostegno alla democrazia araba non fece di lui un nazionalista pan-arabo di per sé. Provenendo da una scuola di pensiero internazionalista di sinistra, Kassir si opponeva tanto allo sciovinismo nazionale quanto alle dittature e alle oppressioni.

Giovane, colto e affascinante, Kassir era soprattutto un uomo coraggioso: dalle pagine del più importante quotidiano libanese, An-Nahar, non si tirò mai indietro nel denunciare i nomi dei politici e affaristi corrotti e in generale di tutti coloro i quali si erano macchiati di crimini e ingiustizie, compresi l’ex presidente siriano Hafez al-Assad e suo figlio Bashar, oggi al potere.

La notizia della sua morte improvvisa e cruenta, ad opera di un attentato terroristico, fece immediatamente il giro del mondo.

Non solo per la violenza del gesto, ma anche per il particolare e delicato momento che il Libano stava vivendo in quei giorni, la cosiddetta Intifada dell’indipendenza, ovvero una rivoluzione sociale, politica e culturale contro la stretta del protettorato siriano nata dopo la morte di Hariri, di cui Samir Kassir era uno dei più vivaci animatori e attivisti, essendo anche fondatore e ispiratore del Movimento della Sinistra Democratica libanese.

Di lui Elias Khoury aveva detto: «É questa la novità, il grande contributo di Samir alla libertà d’espressione. Ha osato dire i nomi. E lo ha fatto dalla pagina principale di an-Nahar che è la testata più importante e più distribuita».

Qualche giorno dopo la sua morte l’editorialista libanese Rami Khury scriveva: «La sua principale qualità era una forma di coraggio unita a una serena fiducia in se stesso. Il non aver paura delle conseguenze delle sue azioni era la misura della profondità delle sue convinzioni: questo è il segreto per ispirare fiducia negli altri ».

Kassir oggi viene ricordato anche grazie al “Premio per la Libertà di Stampa”, voluto dalla Fondazione che porta il suo nome e che viene assegnato ogni anno ai giornalisti dei paesi arabi.

La sua morte inoltre è stata condannata dall’UNESCO e dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

In Italia sono stati pubblicati tre testi: L’ infelicità araba (tradotto dal francese da Paola Lagossi; a cura di Elisabetta Bartuli, postfazione di Elias Khoury; Einaudi, 2006); Primavere. Per una Siria democratica e un Libano indipendente (traduzione dall’arabo di M. Khairallah e C. La Barbera; introduzione di Khaled F. Allam, intervista a E. Khoury, a cura di E. Bartuli; Mesogea, 2006); Beirut. Storia di una città (traduzione dal francese di M. Marchetti, Einaudi, 2009), quest’ultimo che non ho ancora letto.

Primavere è una raccolta degli editoriali apparsi sul più prestigioso quotidiano libanese, an-Nahar, negli ultimi anni. Gli articoli compresi in questa raccolta trattano tutti dello stesso argomento: l’indipendenza del Libano come premessa fondamentale e necessaria per la democratizzazione della Siria. Nell’introduzione Kassir scrive:

E’ come se avessi inconsciamente assunto che la democrazia della Siria e l’indipendenza del Libano vanno di pari passo. O magari sono stati i padroni del destino dei due paesi a cadere in questo assioma, anche se non l’avevano capito.

Non credo di possedere le parole giuste per poter descrivere nel modo più appropriato, giusto e approfondito l’importanza del primo dei tre saggi. Se non lo avete fatto già, leggete L’infelicità araba, perchè è uno di quei libri che illuminano il cuore e la mente che, e so che non sono l’unica a pensarlo, andrebbe inserito come testo obbligatorio nei programmi dei corsi di laurea universitari di arabistica, islamistica e scienze politiche.

Presentato come il “manifesto del dissenso arabo”, L’Infelicità araba di Samir Kassir è molto più di questo. É un appello, un grido di allarme e allo stesso tempo un segnale di speranza per tutto il mondo arabo.

Andrebbe citato tutto, (per ovvi motivi non posso farlo!), però ci sono alcune parti che sono rimaste scolpite nella mia memoria:

Esiste la possibilità di fare lo stesso identico discorso sugli arabi e per gli arabi.

Allo sguardo sull’Altro, a quello, come si sfugge? Come evitare di confrontarsi con ciò che rivela?

Nella postfazione, Elias Khoury scrive: “É questo il segnale più vistoso dell’infelicità araba. Che un giornalista, che uno scrittore sia messo a morte perché imputato di libertà”.

Nel marzo scorso a Milano in occasione della prima giornata europea dei Giusti è stato piantato un albero in onore di Samir Kassir. La giornata è stata organizzata dall’associazione GARIWO, la foresta dei Giusti. All’evento era presente anche Giselle Khouri, la vedova di Kassir.


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