Se la prima parte della mostra fotografica (ritratti di detenuti in attesa di colloquio) si focalizza sul lato umano della detenzione, sulla beccariana utilità sociale della clausura forzata ed è una sorta di denuncia per le condizioni spesso poco “umane” del carcere, la teoria di scatti delle case rese “scene del delitto” potrebbe far tornare alla mente il macabro tour che si verifica ogni volta. Brescia come Avetrana, da nord a sud, i curiosi che vogliono vedere dove è successo il crimine e il via vai di carabinieri e telecamere, come fosse un poliziesco, sono sempre in agguato.
Questa volta è una mostra a mettere sulla stessa parete, una volta per tutte, le case dove sono morti innocenti in modo efferato. Per un unico grande tour nella cronaca nera. Sperando che sia l’ultimo.