In nero è meglio

Creato il 09 agosto 2011 da Marcopertutti
Il governo italiano vuole sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema dell'evasione fiscale. A partire da domani radio, televisioni, giornali e cartelloni saranno invasi da un messaggio piuttosto chiaro quale "L'evasore fiscale è un parassita della società". Queste parole così dure hanno risvegliato l'avversione dell'associazione "Tuteliamo il nero", ente dallo scopo sociale indefinito, che ha deciso di rivolgersi alle autorità competenti per far ritirare la campagna pubblicitaria (ideata dall'agenzia pubblicitaria conservatrice inglese Saatchi & Saatchi, che forma parte del potente Publicis Group), che tende a mettere in cattiva luce una fetta importante della popolazione attiva in Italia, quella che realmente crea ricchezza (anche se poco dopo la nasconde).

Che ne sapranno di evasione?

«Il nero del nome dell'associazione non è un essere umano di colore, ma il colore che contraddistingue da sempre l'economia sommersa» riferisce il riservato X04694634, pseudonimo preso in prestito (si nota la mancanza di abitudine nel pagare le cose, tanto che neanche i nomi pagano) dal numero di un conto in Svizzera di un noto imprenditore del settore edilizio e bancario che ha accettato di fare da portavoce anonimo dei noti amanti del nero, di cui sfoggia orgoglioso la scheda d'scirizione n. 1816.«Ci difenderemo in ogni sede per difendere il buon nome delle persone che fanno tanto per l'Italia, dando lavoro a migliaia di persone, traendone ben magri profitti che non possono e non devono essere attaccati da una pressione fiscale che non garantisce niente in cambio. Se pagando le tasse, si ottenesse un vip pass nel migliore locale di un'isola tropicale ogni fine settimana, ci si potrebbe anche pensare, ma resta comunque una sorta di esproprio proletario: perché dare soldi a quelli più poveri, che semplicemente non sono in grado di arricchirsi, possibilmente a spese degli altri o comunque in una situazione di illegalità latente?»«La nostra associazione, fondata per scaricare un po' di tasse, vuole dare una nuova immagine alla categoria: non è facile gestire conti correnti in giro per il mondo, non è facile trovare un commercialista talentuoso, non è facile creare soldi e farne poi quello che si vuole con loro. Non vogliamo essere discriminati per l'amore puro che nutriamo nei confronti dell'Italia: se pagassimo qualcosa all'Italia, daremmo ad intendere che vogliamo qualcosa in cambio, mentre si tratta di una relazione priva di interessi. Tutti i nostri interessi vengono curati benissimo all'estero, indipendentemente dalla residenza o dal luogo in cui si svolga un'attività economica.Pagare il meno possibile è il nostro motto. Il nostro nome, inoltre, garantisce degli ingressi dell'otto per mille, dovuti al fatto che sembra un'associazione contro il razzismo, una di quelle onlus inutili che vuole affermare la necessità di dare diritti anche a quelli che ci fanno arricchire, schiavizzandone un bel po' con una delocalizzazione qualsiasi che ha l'unico punto debole nel fatto di non delocalizzare anche la sede fiscale della società: i paradisi fiscali sono pieni ed i loro buttafuori non fanno entrare quasi più nessuno»«La visione italiana dell'economia sommersa è totalmente errata», osserva la Dr.ssa Lagrana Quattrini, dell'università di Cashville«senza quei soldi, una parte molto importante del mercato verrebbe meno: chi comprerebbe beni importanti come la cocaina o consumerebbe i servizi di una escort di lusso con soldi onestamente guadagnati e dichiarati? E, soprattutto, come si riuscirebbe a non avere la casa inondata se si fosse costretti a pagare un idraulico in un modo più o meno legale? Questi sono gli interrogativi che devono condurre a ripensare radicalmente il rapporto degli italiani con i soldi in nero, che sono normalmente odiati da tutti quelli che non sono in grado di ottenerne un po'. Proporrò una parte di questo mio ultimo studio "Italian Tax Evasion: a way of life" a quelli di Libero, di sicuro un estratto me lo pubblicheranno, visto che sono tra quelli che si pongono il problema morale del pagare le tasse».