Pochi giorni fa abbiamo pubblicato un articolo di Maurizio Mazziero sulla possibilità di una decurtazione sui titoli di Stato italiani in base ad un decreto del Ministero dell’Economia edelle Finanze.
Con il passare del tempo e l’aggravarsi della crisi economica nei Paesi dell’UE, l’inviolabilità dei soldi e dei risparmi dei cittadini è sempre meno sicura e, come abbiamo visto in Grecia e a Cipro, l’adozione di leggi illiberali da parte degli Stato, sta diventando sistemica in tutti i Paesi colpiti dalla crisi del debito. Anche il nostro.
Un’ennesima riprova la si può ritrovare all’interno di quello che lo scorso dicembre è stato definito decreto “Salva Italia”. All’interno di questo decreto si legge che tutti i pensionati che subiscono un pignoramento della pensione rischiano di perdere tutta la rata mensile e non più solo un quinto di questa come previsto dall’art. 545 del codice di procedura civile; questa misura riguarda anche il salario mensile dei lavoratori dipendenti. Nella riforma, il Governo ha imposto all’Inps di versare le pensioni sopra i mille euro, che saranno sempre più rare con il passare degli anni, non più tramite le poste e quindi direttamente nelle mani dei pensionati, ma in un conto corrente bancario o postale o anche su un libretto di risparmio. Questa misura, oltre ad essere profondamente illiberale perché obbligherebbe le persone ad aprirsi un conto corrente, è stata, come ogni proposta sul limite dei pagamenti in contante, giustificata dall’obbligo di tracciabilità dei pagamenti superiori a mille euro. Quindi per motivi fiscali.
Questo cambiamento formale ha delle gravi conseguenze per i pensionati dal punto di vista pratico. In base all’art. 545 il creditore poteva pignorare la pensione, o i redditi da lavoro subordinato nella misura di un quinto; questo limite però aveva valore solo se il pignoramento veniva messo in pratica alla fonte cioè o all’Ente previdenziale o al datore di lavoro. Se invece il pignoramento viene effettuato presso la banca dove il pensionato o il lavoratore dipendente versa i suoi soldi, il creditore potrà pignorare tutti i risparmi che vi trova; dal momento che i soldi della pensione o del salario si mischiano con quelli già presenti sul conto corrente, anche se questo è costituito ad hoc per queste versamenti, sarà possibile pignorare non solo un quinto ma la totalità della pensione o del salario.
Rispetto al sistema precedente, dove a fronte di questa norma già in vigore il pensionato poteva esigere che il pagamento venisse effettuato a mano alle poste, il meccanismo attuale è diabolico, in quanto il creditore può bypassare l’Inps e il tetto del un quinto della mensilità aspettando un paio di giorni quando la somma viene versata sul conto, cosa resa obbligatoria al pensionato o il lavoratore, se vogliono ritirare la propria pensione o stipendio.
Nessuno mette in dubbio che i debiti vadano pagati, ma in questa maniera si cancella con un tratto di penna una norma che serviva a garantire un minimo sostentamento a pensionati e lavoratori, aggravando ulteriormente la loro già difficile situazione. Tutto in nome di finalità fiscali e tracciamento dei pagamenti, che non solo schiacciano i diritti dei cittadini ma anche la loro dignità.