Se la vendetta è un piatto che va servito freddo, nelle desolate e gelide lande norvegesi è addirittura ghiacciato. In un’ambientazione che ricorda le sconfinate distese innevate di Fargo dei fratelli Coen, il regista scandinavo pesca nella violenza e nel non-sense dei dialoghi dei fratellini del Minnesota (la discussione in auto sul welfare ne è un limpido esempio) e mischia il tutto con un gusto sanguinario che sa di Kitano come di Tarantino. Ciliegina sulla torta, quel tocco dark che tanto piace al lontano e geniale cinema coreano, si pensi ad esempio a The Quiet Family di Kim Jee Woon.
Nils Dickman, il protagonista, spunta via via dalla sua lista alla Kill Bill tutti quegli uomini che per via diretta o indiretta hanno contribuito alla morte del figlio. Non c’è tempo per la disperazione. Nils sul suo gigantesco spazzaneve è una schiacciasassi inesorabile e Hans Petter Moland passa subito all’azione come in un fumetto che salta superflui passaggi narrativi per arrivare a divertire subito il lettore. Ecco sì, in primis In ordine di sparizione è un film che diverte, molto, con sottile intelligenza. E che con saggezza sul finale si lascia impercettibilmente andare ad un retrogusto quasi poetico, con due solitudini anziane accomunate dallo stesso dolore e dallo stesso desiderio vendicativo.
Concludendo, In ordine di sparizione, dotato di una regia e una fotografia assolutamente magistrali, è una creatura multiforme, che cambia continuamente sembianze, ora è una Sfinge ora una Chimera ora un chupacabra. Senza dubbio uno dei migliori cocktail cinematografici degli ultimi anni.
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