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In provincia di Rovigo nasce piazza Berlinguer, a Cremona si dedicano le vie ai soldati fascisti… che vergogna!

Creato il 17 giugno 2012 da Cremonademocratica @paolozignani

Un esempio di civiltà, di serietà e di civismo dal profondo Veneto rodigino.

Enrico Berlinguer

Lo sguardo di Enrico Berlinguer 

Un esempio per la feudale Cremona, perché Bagnolo di Po, nella frazione Corà, ha compiuto un gesto che nemmeno certe città capoluogo di provincia ancor oggi riescono  a compiere: intitolare una piazza a Enrico Berlinguer. E non certo perché Berlinguer si spense per un malore durante un comizio nella vicina Padova. Berlinguer ancor oggi è un simbolo per chi crede che la società e l’economia possano migliorare, per chi crede nella civiltà. Il suo esempio è tanto più forte oggi, tempi in cui la sua lezione contrasta in modo stridente con questa vita colonizzata minuto per minuto dal capitale, dal consumismo, nel tempo libero come nel lavoro.

Al contrario, tenendo un profilo civile infinitamente più basso della frazione Corà di Bagnolo di Po (Rovigo), Cremona è riuscita a intitolare una via a chi: a un soldatazzo fascista che dava la caccia ai partigiani in nome di Mussolini e Hitler. Via Protti, ecco la grande trovata della commissione toponomastica di Cremona, una vergogna infinita.

p.z.

Intitolazione della piazza di Corà di Bagnolo di Po a Enrico Berlinguer, alla presenza del sindaco Pietro Caberletti, della presidente della provincia Tiziana Virgili e del sindaco di Padova Flavio Zanonato. Queste le mie considerazioni sull’evento…

 

In provincia di Rovigo nasce piazza Berlinguer, a Cremona si dedicano le vie ai soldati fascisti… che vergogna!

Autorità civili che Cremona non si merita: da sinistra il sindaco di Padova Zanonato, il sindaco di Bagnolo di Po Caberletti e il consigliere regionale Azzalin (Pd)

Il plauso all’iniziativa dell’amministrazione comunale di Bagnolo di Po è duplice. Innanzitutto per aver donato a Corà un nuovo spazio di aggregazione, un luogo che per una comunità ha importanti aspetti sociali e identitari. Il secondo motivo è rappresentato dal fatto che questa piazza sia stata intitolata a Enrico Berlinguer.

E non si tratta di una considerazione di tipo nostalgico o, meno che mai, strumentale. Credo che in questi ultimi tempi, infatti, in tanti abbiano provato a “sfruttare” l’immagine di Berlinguer per scopi più o meno nobili. Quello che interessa, oggi, è la considerazione che, aldilà delle bandiera, le buone idee e le persone di valore possono essere un esempio, uno stimolo e uno sprone a chi oggi si accosta alla politica. E’ quasi superfluo stare a sottolineare la situazione che vivono oggi i partiti e, Berlinguer, che del suo partito è stato la spina dorsale, ci deve insegnare molte cose. La prima è il rigore morale, che non è un “di più” da utilizzare come orpello, ma attiene proprio all’essenza stessa dell’agire pubblico. La questione morale non fu un’operazione di facciata, anche perché il tema fu affrontato soprattutto denunciando un modo di fare politica e ponendo con serietà il problema della corruzione di chi occupava incarichi politici o amministrativi.

L’altro aspetto legato all’agire politico del segretario del Pci che oggi mi sembra opportuno richiamare è il suo aver sempre teso la mano, con fermezza, senza compromessi, a quanti da ogni parte ambivano a correggere le storture di un sistema, sino a sovvertirlo, ma sempre nel massimo rispetto della Costituzione e delle regole democratiche. Sembrano dettagli, ma sono invece un cardine sul quale anche oggi l’azione di ogni progressista oggi.

Enrico Berlinguer era figlio del suo tempo ed è nel suo tempo che è giusto considerare  il suo ruolo nell’avvicinamento fra le grandi forze popolari, nel portare il Pci fuori dal tradizionale campo del comunismo internazionale, nelle grandi battaglie sui diritti il cui eco non si è ancora spento, come quelle sui consultori, sul divorzio, sul diritto di famiglia, sull’aborto, sulle leggi in materia sociale, sullo statuto dei lavoratori, sulla riforma delle pensioni, sull’equo canone, sulla legge sui suoli, sulla legge Basaglia sui manicomi, sulla riforma sanitaria. Per non parlare del ruolo che Berlinguer ebbe nella difficile stagione della lotta al terrorismo e della profonda crisi economica, sociale e istituzionale vissuta dal nostro Paese negli anni ‘70. E’ la storiografia “ufficiale” a parlare di Berlinguer come del leader politico che fece di più per salvare l’Italia e la sua democrazia in un periodo di grande travaglio. Ma anche lo sguardo verso il futuro che seppe dare, col suo ragionare attorno alla sostenibilità dello sviluppo, all’uso equilibrato delle risorse, alla sua stessa idea di governo mondiale per affrontare le grandi questioni riguardanti l’ambiente, lo sviluppo, la povertà, la fame, il disarmo, la lotta contro la spinta esasperata al consumismo individuale, all’avidità di denaro, di successo, di potere.

Concludo ricordando a chi dà una lettura iconoclasta, citando le parole dell’ex segretario del Pd Franceschini, difficilmente tacciabile di “comunismo”, che su Berlinguer ha sottolineato come “negare il suo ruolo nella storia della democrazia italiana non è giusto nei confronti di generazioni di donne e uomini che hanno creduto in ideali di giustizia sociale e di uguaglianza, che si sono civilmente battuti per conquistare diritti per tutti, che hanno contrastato con durezza i loro avversari con lo stesso profondo rispetto con cui i loro avversari li contrastavano ogni giorno con la stessa durezza. Quelle donne e quegli uomini, quelli che se ne sono andati come Enrico Berlinguer e quelli, tanti, che sono ancora con noi, quelli che in un mondo nuovo hanno cominciato con i vecchi avversari e con tanti nuovi democratici l’avventura di un partito nuovo, devono poter rivendicare con orgoglio la bellezza della loro storia”.

Il fatto che oggi la figura di Berlinguer sia ancora così presente nonostante il tempo passato dalla sua morte è la conferma di come la buona politica non sia un’utopia, ma un qualcosa che è necessario e possibile mettere in campo per offrire le risposte che servono al Paese.

Francesco Campi (Pd)

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