In ricordo di Beppe Salvia

Da Aperturaastrappo

Dal suo Una pagina dal Memoriale di Dick Babley

Finalmente ne sono uscito. La buona sorte m'ha aiutato, una signora comprensiva. Adesso vivo con questa donna della mia stessa età. Vecchi? Vivo con lei che senza chiedere niente mi ha tirato fuori dal luogo di cura, dove sono rimasto per anni, desolato; sempre solo. Dove ho affinato il mio pensare. Ma questa era opera invisa.

Non posso sentirmi di peso e così mi ingegno. Sfrutto le mie naturali doti di calligrafo e sono pagato come copista.

Ma è solo quando passeggio sulla spiaggia e alzo in volo i miei aquiloni che mi sento desto. Preciso e equilibrato. Agli aquiloni affido molte delle mie note. Molte delle mie poesie.

Quello che mi circonda e mi affascina tutto il giorno, non so come trasmetterlo a chi sia che verrà. Ma so che tentare non è lavoro molesto.
Quando scrivo, indugio. E non penso alcunchè. I miei pensieri sono come nottole. Abbisognano del buio e corrono e sbandano. A volte li affido agli aquiloni.

Dove stavo prima spesso era come se mi si fermasse il cuore. Qualcuno lo capì. E sollecitò nuovi battiti. Come auguro che succeda a voi tutti. Quando l'affanno peregrino vi sconsola.

Oggi ho dimenticato di mettere la giacchetta bianca. Che mi protegge dal vento. Ma quest'insicurezza è come doverosa. Davanti questo paesaggio che ascendo ogni giorno di più. Pure se è semplice mare piatto e infinito.

Le ondine abbarbagliano sfrenate. (Ho preso la colazione poc'anzi. Ho guardato dalla finestra. Sono corso nervoso.

E la mia padroncina, tale voglio che sia, ha sorriso. Quelle carte che devo copiare, aspetteranno. Dove stavo prima, una signora di cui non si conobbe il nome soleva ripetere - Se aspettate, dunque aspettatemi).

Sono ritornato dentro, affaticato e insoddisfatto. Aspetto il pranzo. Mi soffio col ventaglietto, osservo il mio tavolo.
...

Il pranzo è stato calmo. Abbiamo lasciata aperta la veranda. E quel sapore delicato delle frutta e dei loro succhi s'è mischiato al soffio della brezza di mare.

Un sorso d'acqua nel calice sottile. Abbiamo conversato. Io ben muto quando non ho niente da parlare. Giudizioso e riguardoso. In verità sono sempre spinto a dir sempre la mia.

Ma so (o forse è una tristissima abitudine?) che qualche volta la mia vaghezza mi rende insicuro. Fragili le mie argomentazioni. Inutili e irrisorie le mie osservazioni.

Quanto più amabile la serena conversazione della mia padroncina!

Adesso ho ritagliato la carta azzurra per un nuovo aquilone. Contro il cielo a mezzogiorno quasi sparirà. Sto intagliando le listarelle di legno leggero.

Ho arrotolato il filo. Ho fatto le lunghe code di anelli della stessa carta azzurra. Alcuni nodi lungo il filo. E striscioline di carta con su annodati i brevissimi pensieri.

- Ogni gioventù il suo triste destino

- Misteri, sollazzi, voci.

- Vestirò la rossa porpora

Questo pomeriggio mediterò il percorso. Sarò sdraiato sulla sabbia. ascolterò, Dovrei portare un cestino con le frutta. Vestirò una mantella pesante. Il fresco della sera ormai può causarmi danno.

da Appunti 11 agosto 1978


( Quello che non fu detto, sarà)

"vorrei darti conforto, // ma mi mancasti prima e spesso io / ti cerco invano... ".