Paolo sparì. Bianca inciampò. L'Albero cadde. Il pubblico si assiepò all'uscita secondaria. L'attrice urlò di fronte all'immagine deturpata allo specchio. Il teatro bruciò dalle propria fondamenta.
Paolo scappò verso la periferia, lontano da Bianca che giaceva a terra, lontano dall'albero tagliato alla base, lontano dal pubblico che urlava, lontano dall'attrice e la sua disperazione, lontano dalle fiamme che divoravano arte e sogni.
Bianca si asciugò le ferite con un fazzoletto rubato a Paolo, si sedette sui resti dell'albero, salutò il pubblico in fuga, osservò compiaciuta il dolore della rivale, si specchiò nelle lingue di fuoco che salivano al cielo.
L'albero dormì il sonno del giusto sopra le assi del palcoscenico, guardò le suole di Paolo che si allontanavano, accolse il corpo di Bianca, non udì le urla di disperazione della prima donna, volò in alto con la cenere.
Il fiammifero prese vita. Il fuoco crebbe e portò via tutto: scenografie con un'anima, incidenti di scena e fuggiaschi senza spina dorsale.
E fu la Corsa. E fu l'Urlo. E fu il Tonfo. E fu la Fine.
E fu il Sipario.
Applausi.