[…]Avrei cercato fino all’esaurimento la parola perfetta per rendere quel concetto tanto astruso quanto fondamentale, avrei prodotto, senza affanni, in nome della qualità assoluta, un numero di cartelle giornaliere adeguato alla tipologia di testo e alle consegne richieste, mi sarei ritagliata il tempo e avrei trovato i soldi per frequentare corsi di aggiornamento, ma anche convegni, saloni del libro, fiere, mostre, perdendomi, nel senso più totalizzante e romantico del termine, in tutti i luoghi dove avrei potuto stringere contatti con i possibili datori di lavoro. E, poi, c’era la parte migliore, quella per cui non mi sarei potuta immaginare in altri panni: mi sarei dedicata allo scouting letterario, presentando alle case editrici autori inediti che avrei tradotto per il mercato italiano, affamato di novità. Ecco, questo è quello che avrei fatto. I presupposti c’erano tutti, anzi di più.[...]
[...] Iniziai a chiedermi, fin da subito, se in quell’azienda, sul mercato da qualche decennio, tutte le regole del tradurre fossero state deliberatamente sovvertite in nome del mero profitto. O se, invece, quello che ci avevano insegnato all’università non contemplasse le reali esigenze del mercato! Dove si era inceppato il meccanismo? L’unica certezza risiedeva nel fatto che tutti dovevano tradurre, attenzione, non saper tradurre bene, ogni genere di documento, a prescindere dalla tipologia. In fretta, possibilmente, e, se questo non avveniva, era necessario fermarsi oltre l’orario di lavoro senza il pagamento degli straordinari, il più delle volte. Si traduceva e si revisionava, a campione, se i tempi e i costi, imposti dai clienti, lo consentivano. [...]
Tratto da REALE VIRTUALE di Viviana Picchiarelli
a cura di Costanza Bondi
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