Sono decisamente in imbarazzo a raccontarvi In the market, prodotto italiano che ha un paio di anni e che ha trovato spazio al cinema solo adesso.
Il film di Lorenzo Lombardi è perfettamente spezzato in due tronconi e proprio non riesco a fare un discorso unico.
Facciamo così… vi racconto la storiella e poi due recensioni per prima e seconda parte… poi vediamo se viene fuori una conclusione unica.
David, Sarah e Nicole sono in viaggio verso un concerto. Un viaggio in jeep alla ricerca di se stessi e in fuga dalla loro vita quotidiana.
Il viaggio non comincia nel migliore dei modi, visto che ad una stazione di servizio vengono ripuliti da due balordi.
Siccome poi si trovano in mezzo al nulla, senza telefoni e senza soldi, hanno la brillante idea di fermarsi in un vicino market, nascondersi e passare lì la notte quantomeno per mangiare a scrocco.
L’idea non è buona perchè ovviamente il titolare è un macellaio folle che nottetempo fa a pezzettini i viandanti per motivi che non vi rivelo (ma non è difficile immaginare).
Recensione della prima parte.
Cose buone: il montaggio, la fotografia e soprattutto le musiche.
Tutto fatto molto bene ma tutta roba assolutamente insufficiente per sopperire le mancanze provocate dalle cose cattive.
Cose cattive: il lungo viaggio è davvero lungo e i dialoghi sono buttati lì, qualche giochino per introdurre quello che verrà e pochissimo per presentarci i tre ragazzi, dialoghi decisamente scarsi in definitiva.
Ma diventano quasi splendidi se raffrontati alle interpretazioni dei tre protagonisti.
Marco Martini, Rossella Caiani e Elisa Sensi sono davvero insostenibili. Monotoni e a digiuno di qualunque conoscenza attoriale, quantomeno per quel che riguarda la parte parlata perchè invece il linguaggio del corpo è discreto e accettabile.
Ma la voce che esce da quelle tre bocche è (credetemi) assolutamente insostenibile, inaccettabile e viene da chiedersi come sia stato possibile per In the market trovare un posto in sala, sia pure nella settimana più sfigata dell’anno.
Recensione della seconda parte.
Quando poi si entra nel market tutto cambia e il film diventa molto buono prima e addirittura bello nelle sequenze finali, quelle più splatter.
Come mai? Cosa cambia tra la prima e la seconda parte?
Ci sono tre evidenti motivi.
L’entrata in scena di Ottaviano Blitch, l’unico sulla scena in grado di recitare e farlo con ottimi e convincenti risultati, gli effetti speciali affidati al make up di Sergio Stivaletti, che si notano eccome, ed infine la quasi totale cancellazione dei dialoghi.
Nei 45 minuti finali i tre protagonisti non parlano più (ne sono effettivamente impossibilitati) e la parte parlata del film è affidata esclusivamente ai monologhi folli di Blitch.
Il risultato è che il film diventa molto buono, coinvolgente, splatter il giusto e folle quanto basta.
Conclusioni comuni.
Mi sono scervellato per capire come Lombardi avrebbe potuto trasformare In the market in un film degno di essere visto ed alla fine ho trovato due possibili soluzioni.
La prima è il doppiaggio dei tre protagonisti. Come detto si muovono discretamente sulla scena, se la voce fosse di un doppiatore capace il risultato sarebbe ottimo (e lo dico io che come sapete il doppiaggio lo abolirei del tutto).
La seconda soluzione sarebbe stata di tagliare via di netto la prima parte e fare un bel mediometraggio di 40 minuti che funzionerebbe alla perfezione ma che avrebbe dovuto intraprende un percorso distributivo completamente diverso.
Siccome raramente mi capita di sbilanciarmi in maniera così netta sugli attori di un film mi farebbe davvero piacere sapere la vostra opinione nel caso aveste visto il film… grazie.
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