In trash we trust: Palermo non può essere salvata

Creato il 06 agosto 2013 da Abattoir

Foto di Marilisa Dones

Siamo nel pieno dell’estate. Fa caldo. Il sole splende. La gente va al mare. E con il lettino e l’ombrellone arriva anche, puntuale come ogni anno, l’emergenza rifiuti. E non solo a Palermo, anche nella provincia, a Mondello, salottino marittimo del capoluogo siciliano, a Monreale, che con il suo Duomo attira fiumi di turisti. La Sicilia è sommersa dalla munnizza. Ecco. I turisti, loro che passeggiando per le strade della nostra città, invece di fotografare la Zisa o il Teatro Massimo, scattano istantanee del pattume che giace ammonticchiato nelle nostre strade, in ogni angolo e in ogni vicolo. Residenziale o popolare che sia. In  questo Palermo è molto egualitaria. Diamogliene atto. Non è una novità. Sappiamo che l’azienda municipalizzata, AMIA, preposta al ritiro dei rifiuti non versa in buone acque (ma quando mai ha goduto di buona salute?). I turisti che decidono di venire (per la prima volta, perché difficilmente tornano, e come dargli torto?) a trovarci si ritrovano in una città sporca, dove i cassonetti non vengono svuotati per giorni e giorni, in pieno centro storico, avvolti da olezzi indescrivibili, visto che le temperature sono altissime. Non va certo meglio quando dei geniali personaggi decidono di fare giustizia da sé e danno fuoco a questo pattume, facendo più danno che altro, sprigionando diossina. Altrimenti avremmo tutti il nostro rogo condominiale e potremmo eliminare questo problemino. E i turisti che vengono qui magari hanno avuto la fortuna di assistere a scene come quelle della settimana scorsa che ha visto un manipolo di delinquenti (perché tali sono, né più né meno) distruggere e divellere uno spazio pedonale, faticosamente conquistato, come Piazza San Domenico. Come se fosse normale che una delle chiese più belle della nostra città debba fungere da posteggio abusivo. E i negozianti, vogliamo parlare dei negozianti? Invece di mostrare lungimiranza, si alleano con questi personaggi, figli del malaffare, del racket, della MAFIA (non scordiamocelo!!) e protestano insieme a loro, distruggendo le panchine, rovesciando le piante che ornavano la piazza. Quindi delinquenti anche loro. Né più né meno. Quelli che hanno partecipato, ovviamente. Quando ho letto di questa notizia, una sensazione di morte mi ha pervaso, un desiderio di fuga e di vergogna. Profonda vergogna. Perché io non mi riconosco in queste azioni. Questo episodio, oltre al subitaneo sdegno, mi ha fatto maturare una convinzione: Palermo non può essere salvata. Perché non vuole essere salvata. La mentalità reazionaria è così radicata, fin dalle viscere, di ogni suo abitante, che qualsiasi cambiamento viene visto come uno “sgarro”. Come i negozianti che lamentano un calo degli affari perché la gente non trova parcheggio. Senza dubbio – c’è da dire – il Comune e il suo Sindaco, che vuole fare la lotta ai posteggiatori abusivi (che io appoggio pienamente), prima di “strappare” le zone adibite a posteggi abusivi, dovrebbero creare dei parcheggi autorizzati. Su questo i negozianti non hanno torto. I cambiamenti vanno fatti, sì, ma con un minimo di raziocinio. E le macchine non possono sparire da un giorno all’altro. Questo è poco ma sicuro. Ricordiamoci inoltre che il 101, la linea più trafficata dell’Amat, ha pochi mezzi a disposizione e la puzza di ascelle e la prospettiva di stare schiacciati come sardine non è certo allettante. Nemmeno per me. Perché non preferire la propria autovettura e dirigersi verso i centri commerciali, dove un parcheggio è assicurato? Forse, mi viene da pensare, che la gente preferisca andare al centro commerciale perché non deve subire lo stress del parcheggio, delle strisce blu, della fascia oraria e dei posteggiatori abusivi. O forse no. Che importa? Ma sono sicura che i palermitani (magari non tutti, certo) preferirebbero tornare a passeggiare per le strade del centro, piuttosto che stare accalcati in sterili centri commerciali, se solo potessero parcheggiare senza avere un’ulcera e rischiare che la propria autovettura venga aperta puntualmente ogni qualvolta ci si rifiuta di pagare il pizzo al parcheggiatore. Ma ritorniamo al punto. Palermo. Dopo il mio ritorno dalla Spagna, pensavo di poter cambiare qualcosa, credevo di poter convivere con la sporcizia e con la mentalità “particolare” e “pittoresca”. La mentalità da palermitano. Ma dopo il primo anno le mie convinzioni hanno iniziato a vacillare e da un anno a questa parte mi sono resa conto che è una città senza speranza. Non c’è speranza di trovare un lavoro, non c’è speranza di cambiarla e invertire la rotta di questo andazzo. L’unica cosa che trova posto in questa città è la rabbia. Ognuno la sua. E forse Palermo ha proprio bisogno di autodistruggersi, per poter nascere dalle sue ceneri. Ma io non ho nessuna voglia di vivere tra la rabbia. Né di assistere a questo sfacelo. Palermo mi ha perso. Non appena ne avrò occasione, raccoglierò il mio cane, le cose materiali a cui tengo di più e farò fagotto. E non mi guarderò indietro. Resteranno solo gli affetti familiari, gli amici, il mare e il sole. La mia terra ha questo da offrirmi. A me non basta ed io ho smesso di combattere.


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