L’avanzata dell’esercito novorusso è inarrestabile, le linee nemiche vengono penetrate come il burro, la resistenza opposta dalle truppe di Kiev è ormai inesistente. Donetsk e Lugansk hanno rotto l’assedio, le infrastrutture strategiche cadono una dopo l’altra in mano ai miliziani. Mariupol, importante città portuale a sud-ovest di Donetsk, è stata circondata. Ieri una motovedetta ucraina è stata affondata nel mar di Azov. L’intento di unire le province separatiste con un corridoio alla Crimea, per rafforzare il fronte ed assicurarsi il transito di uomini e rifornimenti, sta funzionando. Con questa mossa viene puntellata una determinante fascia territoriale costiera che, a breve, consentirà di estendere il conflitto in quelle zone sul fiume Dnepr ancora sotto il controllo di Kiev, come Dnepropetrovsk e Zaporozhye. Tanto più che anche qui crescono i malumori per la gestione della situazione da parte del governo centrale. Pare che le autorità locali abbiano smesso di rispondere agli ordini di Kolomoisky e si preparino a passare con la Nuovorossija. Lo stesso accade a Kharkov dove i sentimenti antirussi non hanno mai attecchito e la propaganda russofoba degli oligarchi sortisce oramai effetti contrari. Il NYT, con un editoriale disperato e delirante, ha invocato l’ingresso nel Paese delle forze speciali di Usa e Inghilterra per evitare una disfatta certa (ancora due giorni fa la stampa mondiale ripeteva, al di là di ogni fatto concreto, che Kiev stava per spazzare via i filorussi). Senza l’occupazione degli aeroporti di Kiev e di Odessa la guerra sarà irrimediabilmente persa da Poroshenko e soci. Ed ecco il vero obiettivo della Nato dall’inizio delle ostilità, l’invasione di Odessa per impiantare una propria base e neutralizzare quella russa in Crimea. Scrive il quotidiano statunitense: “Non possiamo permettere che questo accada. Se crediamo che l’Ucraina possa un giorno diventare un membro dell’Unione Europea e della NATO, allora dovremmo essere pronti ad armarla. Dobbiamo affrontare il fatto che i costi senza limiti dell’Unione europea e l’espansione della NATO hanno prodotto la guerra per procura con la Russia – e quindi dobbiamo combattere la guerra. Dopo aver riacceso i momenti più caldi della guerra fredda, dobbiamo affrontare le conseguenze dell’incoraggiamento della democratizzazione in Europa orientale. Questa logica richiede che inviamo consiglieri militari occidentali a Kiev, e dobbiamo fornire agli ucraini pieno supporto d’intelligence e satellitare. E dobbiamo spedire cannoni, carri armati, droni e kit medici a tonnellate. Dobbiamo anche essere pronti a schierare le truppe NATO se i carri armati russi avanzano dalla Crimea, come molti temono, dobbiamo costruire un ponte di terraferma a sud della Russia. Nessuna domanda, questo percorso comporta dei rischi enormi. La Russia impiegherà la sua potenza in Ucraina. Forze speciali americane e britanniche dovrebbero essere spedite a piantare la nostra bandiera e proteggere gli aeroporti di Kiev e Odessa”. Parole chiare e sconvolgenti, minacce bellicose che mettono in pericolo la sicurezza e la stabilità del continente europeo. Si soffia sul fuoco per costringere la Russia all’irreparabile, in una fase storica in cui essa sta ancora cercando di trovare una sua completa identità dopo il crollo dell’Urss e le conseguenti devastazioni sociali. Ma proprio per questo motivo la reazione russa potrebbe essere da ultima spiaggia. Sarebbe un danno enorme per l’Europa e per le sue possibilità di affrancamento dalla dipendenza Usa. L’Europa, non quella dei banchieri e dei burocrati, dalla quale non può nascere alcuna speranza, ma quella dei nuovi partiti (purtroppo ancora piuttosto deboli) che si stanno affacciando sul panorama politico con idee autonomiste e sovraniste, ha bisogno di poter contare su una Russia salda ed equilibrata per staccarsi da Washington. L’Europa dei popoli deve trovare una sponda ad est per conseguire i suoi obiettivi in quanto individualmente non ha le energie necessarie a rintuzzare le pretese egemoniche statunitensi. La reciproca convenienza russa ed europea a liberarsi del giogo Usa è la chiave per dialogare e riconvertire relazioni spesso sul filo del rasoio in vere e proprie alleanze strategiche. Ci vorrà ancora molto per toccare quest’apice di necessità storiche ma proprio per questo bisogna giocare sul tempo al fine di dilatare e diluire gli attriti che hanno resistito al trapasso dalla precedente epoca a quella in corso. Non c’è altra via per uscire da un’orbita occidentale sempre più causa di guai e scarna di vantaggi per noi europei. Chi si oppone a queste tendenze spalanca le porte all’irreparabile e ad un’era di sottomissione atroce per i cittadini dell’Unione. La scelta è tra un abisso di sottomissione e la libertà di esistere con una propria visioneindipendente ed incondizionata.