Tutto qui? Sì, tutto qui, perchè ci sono imprese che non hanno bisogno di eserciti e di voti popolari, ci sono imprese che si alimentano di silenzio, di gesti umili, di fatica che può essere ripagata solo dallo stare bene con se stessi e a volte da uno sguardo di sorpresa e gratitudine.
Conosco poco Jean Giono, scrittore provenzale a cui probabilmente solo il cinema ha donato la notorietà con l'Ussaro sul tetto. Chissà perché lo facevo anche scrittori di altri tempi, ben insediato in un Ottocento velato di nostalgie, piuttosto che in un Novecento che ha dispensato tutte le tragedie.
Ignoravo che la sua penna ci avesse regalato un libro come L'uomo che piantava gli alberi, pagine potenti che vanno oltre il semplice rapporto tra l'uomo e la natura e diventano piuttosto un trampolino per indagare sul senso del nostro passaggio della terra.
Poche pagine, queste, che si leggono di un soffio, lasciandoti il rimpianto di non avere occhi di bambino con cui continuare a fantasticare. Poche pagine, però, che ci aiutano davvero a capire come gli uomini potrebbero essre altrettanto efficaci di Dio in altri campi oltre la distruzione.
E non bisogna essere santi, eroi, statisti. Ce la può fare anche un uomo che è poco più di un nome, un uomo che non sa nemmeno spiegare perché fa quello che fa. Nè è in realtà necessario: perché per lui parlano gli alberi, opera che vale i più grandi monumenti.
Mi piace chi pianta gli alberi. E' un offrire qualcosa che non chiede davvero niente, nemmeno la possibilità di guardare con soddisfazione l'opera compiuta, che in realtà potrà essere osservata e misurata solo anni e anni più tardi.
Piantare alberi è il gesto che più di tutti contiene il senso del futuro. Anche per questo serve farlo, non solo per l'anidride carbonica. Serve perché ci permette di stringere un patto con le generazioni che verranno e di scoprire il piacere del dono.
Questo libriccino ci aiuta a esserne consapevoli