In Usa il semaforo compie 100 anni. In Italia il primo nel 1925 a Milano, a Roma “solo” nel 1929

Creato il 02 giugno 2014 da Stivalepensante @StivalePensante

Cleveland, Ohio. Centinaia di persone si danno appuntamento per le cinque del pomeriggio all’incrocio tra la East 105th Street e la Euclid Avenue.

Una strada di Chicago nel 1930 (chuckmancollectionvolume14.blogspot.com)

Giornalisti, fotografi, autorità, agenti di polizia e curiosi, tutti in attesa che si accenda prima la luce verde e poi quella rossa di quello strano aggeggio piantato sull’asfalto. E’ il 1914, un secolo fa. Entra in funzione il primo semaforo elettrico della storia, azionato a distanza da un poliziotto in una cabina di comando. Quelle luci, alle quali più tardi si unirà anche il giallo, si accenderanno negli anni a venire, sempre più numerose, in tutto il mondo.

L’inventore di quella scatola metallica luminosa che ci dà il via per premere il piede sull’acceleratore o che ci obbliga a schiacciare il freno è James Hoge. Dopo di lui, il pioniere delle traffic lights, arriverà, sei anni più tardi William Potts, con il primo semaforo automatico, e nel 1923 l’afroamericano Garret Morgan brevetterà il terzo segnale luminoso di colore giallo. Una rivoluzione che ben presto si allargherà a macchia d’olio sulle strade di tutto il mondo, a cominciare da New York.

Nel Vecchio Continente il primo semaforo si accende nel 1922 a Parigi. Poi, a catena, la novità fa la sua comparsa ad Amburgo, a Berlino, a Londra. In Italia occorre attendere il 1925 per vedere in azione il primo semaforo, a Milano, all’incrocio tra Piazza Duomo, via Orefici e via Torino. Migliaia accorrono in piazza, dove ora c’è una rotatoria in cemento, per assistere all’evento. E subito ci si divide tra chi resta affascinato da quella “diavoleria che cambia i tempi della città” e gli scettici che sentenziano impietosi, prendendo però un colossale granchio, “ è un inutile marchingegno che dura minga…”.

Se il semaforo regola il traffico, scarso peraltro negli anni ruggenti, lungo le strade della capitale economica del Paese, la Capitale politica non può restare indietro. Così nel 1929, l’ingegner Filippo Ugolini, vice comandante dei Vigili del fuoco, inventore per diletto e “padre” anche del tassametro, si mette all’opera per collaudare anche a Roma quel nuovo strumento, indispensabile per rendere più sicure le millenarie vie consolari. L’esordio, per la verità, come raccontano le cronache dell’epoca, non è dei più esaltanti, causando subito un tamponamento per via del repentino passaggio dal verde al rosso. Accanto al segnale luminoso se ne aggiunge così uno acustico. Ma il continuo scampanellio simile a quello adottato nei passaggi a livello, suscita le proteste dei residenti. L’idea di fondo, però, è buona e Ugolini continua caparbiamente a sperimentare prototipi costruiti a sue spese. Finalmente, l’11 gennaio 1934 a Largo Goldoni venne installato un semaforo a più luci, in cui il passaggio dal rosso al verde, e viceversa, è segnalato da una serie di lampadine che si spengono in progressione.

E’ un successo, tanto che sul finire del 1934 la Commissione Traffico decide di installare altri 15 semafori come questo in altrettanti incroci. Per Ugolini, dirigente del Comune, arriva un attestato di benemerenza e un premio di duemila lire, insieme a un riconoscimento in rima, omaggio del grande Trilussa: “O Ugolin che Filippo ti nomi, ingegner di gran voglia ben sei, per te scrivere fia d’uopo più tomi, tanto tu con tua scienza ci bei, poiché fosti inventore d’un don, tutt’in pro dell’onesto pedon”.

Tre colori, dunque, e solo quei tre si possono accendere nei semafori, il verde, il rosso e il giallo, secondo una convenzione universalmente riconosciuta. Ma non tutte le Nazioni utilizzano la sequenza cromatica allo stesso modo. Se in Italia il giallo segnala l’imminente obbligo di stop, in altri Stati viene usato anche in combinazione con il rosso per indicare l’avvicinarsi del via libera.

Un’altra tappa importante nella storia dei semafori è datata 1961, quando a Berlino venne installato il primo semaforo per i passaggi pedonali. Anche in questo caso, il “contagio” sarà universale. Da decenni, ormai, il semaforo è parte integrante, e molto utile, dell’arredo urbano. E lo rimarrà ancora a lungo, almeno fino a che l’auto che si guida da sé e si ferma all’incrocio per dare la precedenza non sarà una realtà.

(adnkronos.it)


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