Nel 2012, Heater scopre di essere stata sottratta alla sua vera famiglia e di aver ereditato una gigantesca villa dalla nonna. Si reca a vedere la magione assieme al fidanzato, alla sua migliore amica (zoccola) ed al fidanzato di lei, raccogliendo un autostoppista per strada.
Attenzione però, su 90′ di film solo una decina di minuti sono di gore, per il resto del tempo si chiacchiera, perché la pellicola (girata in un inutilissimo 3D che serve solo a conferire profondità alle stanze: potete tranquillamente vederlo senza occhiali) vuole trattare di come il vero nemico sia l’uomo, e non il mostro.
Peccato che John Luessenhop non sia George Romero. Nulla a che vedere con il film del ’74 di Tobe Hooper, che, d’altro canto non è tenuto in alcuna considerazione. Infatti, se lo fosse, Heater non avrebbe vent’anni ma quasi 40 (essendo nata nel ’74 ed essendo il film ambientato nel 2012).
Ma non solo: la famiglia Sawyer è composta da personaggi a caso, mai visti nel film originale, tra cui quattro uomini di mezza età (che non sono, sia chiaro, il nonno paralitico), una giovane donna, due bambini, nessuna Ma’, nessuno sceriffo.
Anche stilisticamente non vi è continuità: se il film di Tobe Hooper, come il remake e il prequel, era sporco, cattivo, sanguinario, unto e visivamente disgustoso, quello di Luessenhop è patinato ed elegante (ridicolo il soffermarsi sull’armadillo morto per strada, se detto armadillo non solo non è spiaccicato e sanguinante, ma se è evidentemente di plastica!).
La catacomba di Leatherface è da non perdere: pulita, scintillante, quasi sbriluccicante da tanto è immacolata. Altre amenità: lo sceriffo che per due volte in quasi quarant’anni assiste inerme mentre attorno a lui pazzi si fanno giustizia da soli; poliziotti in missione contro pazzi con la motosega da soli; suddetti pazzi con la motosega in fuga perché hanno incontrato un agente con la pistola; lo sceriffo che da solo va a prendere Leatherface che ha ammazzato una mezza dozzina di persone.
Written by Silvia Tozzi