In viaggio con "Don Patagonia"
Da Barbini
E così sono di nuovo in viaggio. E di nuovo mi sto dirigendo verso i luoghi che sempre di più sono diventati i miei “luoghi dell'anima”, la Patagonia e la Terra del Fuoco. Luoghi dove riesco a sentirmi a casa, benché in modo diverso che ad Arezzo con le persone a cui voglio bene. Luoghi che mi sono entrati nel sangue e che mi aiutano a restituirmi a me stesso.
Starò via almeno due mesi: un periodo molto lungo per una vacanza, ma direi giusto per un viaggio autentico, che come tale richiama un'esperienza umana, da coltivare, da fare crescere. So di essere fortunato: mi posso permettere di fare ciò che davvero mi piace.
Viaggio per inseguire nuove storie. Viaggio per continuare a scrivere libri di viaggio. E viaggiando cercherò di non perdervi. Qui, e sulle pagine del Corriere, cercherò di pubblicare una sorta di diario di bordo.
Il viaggio di quest'anno è ancora sulle tracce del mio esploratore Alberto Maria De Agostini. Ho firmato il contratto con il mio editore Vallecchi e sono subito partito per la Patagonia. Questi due mesi mi serviranno a concludere il mio racconto. "Don Paatagonia" sarà nelle librerie entro Settembre del 2011.
Spero di non annoiarvi. Ma se non vi annoierò non sarà solo merito mio. In realtà in viaggi come questo succedono tante cose strane, irrilevanti o importanti, diversissime tra loro. Cose che comunque in qualsiasi parte del mondo hanno spesso un nesso che le lega l’una all’altra. E' un po' la storia del battito di farfalla a San Francisco che provoca un terremoto a Tokio. O viceversa..
In realtà questo pianeta ci fa respirare sempre aria di casa, anche quando siamo molto lontani. E in questo caso non parla l'uomo che, come vi ho detto, si sente a casa da queste parti.
Accade che mentre aspetto che iul mio amico Patrizio mi venga a prendere all'aereoporto di Buenos Aires inn una sosta al bar degli arrivi internazionali, aprendo le pagine dei giornali italiani in Internet, mi capita di leggere che a Brescia i giovani che aspettano la sanatoria in cima a una gru sono allo stremo e la poliszia carica la gente che vuole portare solidarietà. Nel mio paese sta aumentando a vista d’occhio l’intolleranza verso gli stranieri. E che crescono a dismisura i comportamenti xenofobi e razzisti nei confronti degli immigrati dal Sud del mondo.
Non parlo solo delle sciagurate politiche di questo governo nei confronti degli immigrati clandestini e del muro che abbiamo alzato nel Mediterraneo. Parlo proprio di una cultura e di un mutamento antropologico che sta prendendo sempre più i miei connazionali.
Proprio qui in Argentina, guardando le foto ingiallite degli italiani arrivati in Argentina agli inizi del secolo scorso, possiamo avere la prova di questo mutamento.
Il viaggio dell'emigrante significa, ancora oggi, partire senza coltivare la speranza del ritorno. E’ il frutto di una condizione non voluta e imposta dalla necessità di sopravvivere.
Lasciare la propria casa determina lo sradicamento dal nucleo familiare e dal luogo di origine, la perdita degli affetti più importanti e delle persone care.
Eppure la dimensione esistenziale, tormentata e difficile, degli emigranti esiste solo nella memoria degli anziani: e qui si può capire meglio. In Italia, poco o nulla sappiamo della storia della nostra emigrazione. E nessun libro di testo ne parla nelle scuole.
Un tempo eravamo noi italiani gli extracomunitari, gli stranieri, coloro che venivano accettati o respinti ma sempre con diffidenza e quasi sempre con atteggiamenti razzisti.
Peccato non poter organizzare visite guidate dei nostri ragazzi ai musei dell’emigrazione di Ellis Island a New York o quello di Buenos Aires in Argentina.
Forse capirebbero meglio cosa vuol dire una politica di accoglienza e una cultura aperta a tutte le differenze ehe e religiose.
Beh, anche per questo i viaggi sono importanti.
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