E' segnata dall'esperienza della Chiesa, della cattedrale, dei grandi spazi pubblici, laici e religiosi.
E' opera che vuole parlare a voce alta, predicare verbum. Ma senza alcuna facile retorica, senza demagogia. Sono "alte" le parole che Battista usa, anzi: che Battista ascolta. E' alta anche la sua maestria tecnico-artistica. E' alta anche la sua cultura figurativa. Facile inqueste opere vedere la traccia potente del futurismo boccioniano, oppure la tensione verticale di certo espressionismo (Feininger),o i giochi cromatici su spazi larghi e compatti che hanno segnato il passaggio del primo futurismo all' astrattismo "spaziale " del secondo dopoguerra.
Battista Marello giunge con questi lavori alla sua fase matura, dopo aver molto sperimentato,e, certamente,"sofferto". Conosco Battista da tanti anni e ritrovo in questo "compimento" (provvisorio come tutti gli unani "compimenti") integro il timbro di tutto il suo faticoso itinerario.
Questi lavori non "concludono " (concludere " è il verbo degli sciocchi, diceva Flaubert ), ma "abbracciano" tutte le tappe. Come la Croce le stazioni del Calvario. " ( scrisse di lui MASSIMO CACCIARI)
( archivio 2010) Don Ciriaco e Don Battista Marello a Positano)
Battista Marello è di origini casertane, ed è nato nel 1948. Vive e lavora a Caserta. Il suo "pensatoio" si trova al Belvedere di San Leucio, dove, alla cura del suo piccolo gregge, affianca un lavoro di ricerca sulle tematiche dell’Arte Sacra contemporanea, soprattutto come scultore. All’iniziale contatto con gli ambienti artistici dell’area napoletana, si aggiunge la prolungata frequentazione dello studio romano di Pericle Fazzini, fino agli anni ’80.