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Inbox #5 01/2012/ Kosovo. Ten. Col. Vincenzo Legrottaglie. Appena rientrato a Bari il portavoce Contingente Militare KFOR

Creato il 29 gennaio 2012 da Antonio Conte

Inbox #5 01/2012/ Kosovo. Ten. Col. Vincenzo Legrottaglie. Appena rientrato a Bari il portavoce Contingente Militare KFOR

Ha svolto come comunicatore militare una missione
in Albania e Kosovo di oltre 8 mesi. 

di Antonio Conte - Anticipo volentieri di circa una settimana il mio corsivo mensile per RSM, per un particolare evento da annotare alla cronaca, che vivo come italiano e come pugliese, ovvero – non me ne vogliano i miei cari delle giornate lucane, non rinnego le mie origini, ma devo però annotare che vivo a Bari da oltre 10 anni ed ora un poco mi appartiene questa terra e questo mare levantino – il ritorno di un militare pugliese, un Ufficiale dell’Esercito Italiano, a Bari, in Italia.

L’evento così importante interessa un Tenente Colonnello dell’Esercito Italiano e giornalista Vincenzo Legrottaglie, che ha appena concluso il suo mandato come comunicatore militare una missione in Albania e Kosovo, periodo durato oltre 8 mesi. E, per non far torno neanche a lui tracciamo un suo breve profilo professionale. Ultimamente abbiamo passato, – anche per lui al termine del mandanto – in modo più particolareggiato, quello del Col. Vincenzo Cipullo, che è stato Comandante, proprio per i primi sei mesi, presso il Multi National Battle Group West, della KFOR a “Villaggio Italia”, e già comandante del 21° Reggimento Artiglieria “Trieste” di stanza a Foggia. Ma, non si dispera di avere in cronaca per la rassegna anche altri e brillanti curriculum militari.

E, dunque ecco quello del Ten. Col. Legrottaglie, che come si è già detto è giornalista-pubblicista dal 2001, laureato in Scienze Politiche a Torino, ha inoltre frequentato diversi corsi, uno di perfezionamento ed uno di alta formazione in comunicazione presso l’Università di Bari. Ha ricevuto il premio di ricerca della Fondazione “F. Burzio” presso “La Stampa” di Torino, ed ha partecipato a diversi corsi di aggiornamento organizzati dall’Ordine dei Giornalisti della Puglia tra cui “Comunicazione in area di crisi”.

Si è inoltre specializzato in comunicazione sociale e cinematografia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Odegitria” di Bari. Ha anche partecipato a diversi corsi di qualificazione settoriali organizzati dallo Stato Maggiore dell’Esercito. Ha partecipato infine, come addetto alle operazioni mediatiche a diverse esercitazioni con il Comando di Reazione Rapida della NATO di Solbaite Olona (VA).

Ma domani è un altro giorno per il Ten. Col. Legrottaglie, che ha già lasciato quel suolo di contraddizioni, dove molto ancora vi è da fare e, … il lavoro sembra appena cominciato. Abbiamo deciso di sentirlo a telefono per augurargli il benvenuto e per chiedergli cosa farà al rientro e lui ha risposto ad alcune domande, ed ecco il contenuto di questa breve conversazione, dalla quale si evince il merito di aver contribuito a riaccendere i riflettori sui nostri ragazzi e sulle nostre ragazze militari in missione nel paese dei Balcani. Io stesso ho avuto il piacere di partecipare ad un media tour condotto da lui in Kosovo.

“Lascio oggi l’incarico di portavoce del Contingente militare italiano in Kosovo, – ha detto il Ten. Col. Legrottaglie -  dove sono stato impiegato in missione di oltre otto mesi, da qualche ora sono rientrato qui in Patria”.

Poi aggiunge: “Come Public Affairs Officer delle Forze Armate in Kosovo (PAO KFOR) ho gestito diversi Media Tour organizzati dallo Stato Maggiore Difesa, Ufficio Pubblica Informazione, ed ho coordinato gruppi di giornalisti o anche i singoli professionisti giunti per conto proprio in Kosovo. Tra le iniziative originali introdotte posso citare i “Mercoledì Lunch” con i giornalisti locali al fine di promuovere la reciproca conoscenza. Ho redatto e diramato alle varie testate giornalistiche i comunicati stampa, rilasciato interviste tra cui le più interessanti sono state quelle radiofoniche per Telenorba, RTL 102.5 e Radio Bari”.

Cosa farà al rientro in Italia? “Credo che siano maturi i tempi per il mio primo libro. E’ da molto che le pagine prendono forma e si scompongono nella mia mente. E’ giunto il momento di mettere ordine a immagini, parole e pensieri. Sono pronto a dare forma alle intense emozioni vissute in Kosovo.Torno in Italia più colto e di questa esperienza devo rendere grazie al Generale di brigata Massimo Fogari, il capo ufficio stampa dello Stato Maggiore Difesa.

Ma vediamo alcuni aspetti relativi alla sua recente missione in Kosovo.

Del Kosovo si è letto molto in queste ultime settimane, abbiamo potuto ricevere notizie, video, commenti e foto. Molti i comunicati gli articoli anche dalle varie agenzie, e ne abbiamo ricavato emozioni, storie e racconti di vicende. RSM ha avuto il piacere e l’onore di dedicare al Kosovo un lungo Dossier. Del Kosovo, prima di questi ultimi mesi, il nostro lettore forse conservava un ‘idea imprecisa o errata, o quanto meno superata.

Da queste colonne abbiamo quindi imparato a conoscere questi popoli, in modo nuovo: abbiamo saturato i colori di quell’istantanea sbiadita dal tempo, che ognuno di noi conservava dei Balcani. Era un’immagine in bianco e nero di circa un secolo, poi sporcata, più volte, dal sangue, anche di donne, bambini e anziani innocenti, nei periodi delle tre guerre epocali.

Precedentemente la percezione del Kosovo nei Balcani era come temuto, inavvicinabile diviso da noi da una cortina di ferro, era al di là della nostra cultura, ed ancora oggi considerato da molti tanto pericoloso quanto radioattivo. E, tra i suoi mali anche quel periodo di ineffabile sonnolenza economica imposta dal regime di Tito.

Il lavoro del portavoce pugliese del Contingente Militare Italiano di KFOR, il Ten. Col. Vincenzo Legrottaglie, anche grazie al supporto dello Stato Maggiore della Difesa, fornito dal Gen. Fogari, ha il merito di aver modificato la percezione del Kosovo in molti di noi italiani: o almeno in quelli più attenti.

Come fotoreporter, inviato di RSM ho avuto la fortuna di verificare anche di persona questa realtà nel luglio scorso: esperienza fatta anche da altri 70 circa, tra giornalisti, fotografi e scrittori italiani e non, alcuni dei quali anche pugliesi.

Sembra anche  che il Ten. Col. Legrottaglie abbia introdotto uno stile innovativo nel modo di fare informazione militare, ha costruito eventi per giornalisti, ed ha comunicato il Kosovo, così come realmente era possibile vederlo. E, probabilmente  vi è ancora molto da vedere, da fare, da testimoniare, tanto da poter dire che il suo lavoro sembra appena iniziato.

Stando lì, come io ci sono stato, ma soprattutto come chi è stato per quasi nove mesi, ci si rende conto che superare le diffidenze della gente, sia degli albanesi ma anche, anzi soprattutto dei serbi, non è cosa da poco. Ci vogliono decenni per ricucire gli anni di guerra, di uccisioni, di stragi, distruzioni operate sia da una parte che dall’altra. Ci vogliono intere generazioni per dimenticare la scomparsa di un parente ammazzato nei raid dalla pulizia etnica contro gli albanesi.

Ma le rivendicazioni poste in modo violento e crudele non mancano. Ci vuole un grande, grandissimo coraggio per riuscire ad andare avanti quando si scopre che al marito, o al figlio trovato senza vita, o non trovato affatto perché smembrato, sono stati rubati gli organi, come il cuore, fegato o i reni. Un crudele mercato occulto che è difficile da portare alla luce ed alla cronaca.

Alcuni serbi dicono (ndr.. pochi giorni fa a Radio Serbia) che la loro vita vale meno di quella di un americano, di un russo o di un europeo. E, non capiscono, per esempio, ma neanche noi, perché il Consiglio d’Europa –  dicono alcune testate serbe – non dia seguito alle indagini per risalire ai responsabili di questi traffici nonostante, i serbi stessi affermino di avere prove circa i responsabili di questi crimini.

Il Kosovo è una terra dalle questioni ancora irrisolte.

Ma domani è un altro giorno anche per il Kosovo la cui gente dovrebbe imparare a fidarsi di più del prossimo suo e di quello altro da se. Certo non è facile in quanto la ‘terra dei corvi’, questo significa Kosovo, è stato da sempre un campo di battaglia, che dai discorsi di Mitrovica ha portato, per esempio, allo sterminio di Albanesi a Meje del 27 aprile 1999, dove i serbi, come si è detto, sono stati invece incredibili distributori di morte.

Ma il Kosovo visto con gli occhi della Serbia, è la casa da difendere  e da riprendersi. E, questa strage, così assurda, forse era concepita come una ‘soluzione finale’ per liberare la propria terra da continui invasori che dal 1389 – dicono – non hanno smesso di mettere a ferro e fuoco la loro proprietà e con essa la tranquillità di se stessi e dei proprio cari, e ancora, di porre fine all’uccisione dei monaci e alla distruzione delle chiese serbe cristiano-ortodosse.

Il Kosovo visto con gli occhi degli albanesi, gente in una perenne migrazione in cerca di spazio vitale, e a loro da sempre contestato, dove poter sentirsi finalmente a casa, rappresentava quella dimensione di vita tanto desiderata, ma che non sembrava arrivare, per affermare pace e futuro ad un tempo, e certezze e tranquillità per se stessi.

Ma il Kosovo è visto anche con gli occhi dei mussulmani: questo stesso territorio, così intricato, e conteso, e ambito, e ora è puntellato da minareti che testimoniano l’ulteriore presenza di una cultura altra.

Ed infine nel Kosovo si conservano altri patrimoni culturali e popoli che ne incarnano i credo, come quello cristiano-cattolico, quello delle minoranze Gorani e dei Rom.

Tutte queste culture rendono il Kosovo una densa realtà la cui storia è davvero multiforme, sfaccettata ed inestricabile: fatta di emozioni, riti, odori, suoni e con quei colori su forme uniche ed originali che sono così forti quanto antiche.

Questa gente, così assortita, ed anzi di più, è il Kosovo; la loro rete familiare ed amicale fa si che la gente si respinga brutalmente dall’odio e dal rancore  o al contrario li avvinghia gli uni agli altri isolati dalla paura, e reclusi in isole culturali,- note come enclavi – in una sofferenza indicibile e di solitudine.

E poi quei bazar, quei rituali e quelle tradizioni che coesistono in luoghi in cui i negozi in stile occidentale, si alternano a botteghe antiche o a moderni locali per scommesse. Il vecchio che resiste alla modernità ed il nuovo che penetra a fatica, trovando varchi con la forza di capitali  e delle finanze misteriose, con le sue luccicante promesse. Una terra contesa, in ritardo culturale ed economico, in bilico tra culture e che si perde su questioni di principio mentre la sua gente muore di fame.

Ma domani è un altro giorno mi sono detto anche io, alla mia partenza da “Villaggio Italia”. Nel luglio scorso ho avuto il piacere di fare un Media Tour condotto dal Ten. Col. Legrottaglie. Ho conosciuto così quella terra, ed una parte di me, come accade in tutti i viaggi diversi ed emozionanti, è ancora li.

Qui si affronta anche il tema della politica delle municipalità del Kosovo (nel senso che si deve sapere districarsi da essa locale), tema necessario se si vuole ricostruire un tessuto socio economico, oltre che culturalmente nuovo, che sappia andare in autonomia, che sia autoctono e fiorente. Vi è infatti una unità militare specializzata, nelle audizioni delle  municipalità, durante i consigli, che non interferisce con le questioni, ma ascolta ed annota i progressi del dialogo politico locale.

Qui, KFOR ha risolto molti problemi operando, in forza della risoluzione 1244, (con COI e CIMIC ha fatto strade, aziende zootecniche, scuole, ecc., …) che prevede una certa indipendenza o equidistanza, tra le popolazioni serbe e albanesi. E, proprio questo aspetto che molte volte le parti in gioco, negli ultimi mesi dei disordini nel Kosovo nord, sul ponte che supera il fiume Ibar, hanno ribadito e richiamato. Quasi che o si era troppo con gli altri o troppo poco con loro, e viceversa. Quasi che il problema fosse chi entra nella questione per soccorso.

E’ raro incontrare  in un solo posto tante cose belle, come “Villaggio Italia” a Pec/Peja. Questo posto, adagiato sulle pendici di un monte che prende il sole la mattina, ha questo dalla sua: è una fucina di valori in cui – tra l’altro – molti eserciti convivono e con la collaborazione militare, e forse stanno anticipando la coscienza di un popolo Europeo: ancora da venire.

Antonio Conte



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