È la terza vita che trascorro in questa città.
Ormai conservo nel mio repertorio incanti stupefacenti, da far fuggire i paesani, da lasciare i nobili a bocca aperta.
Quelli erano altri tempi, altre storie.
Adesso si tratta per lo più di magia legata ai luoghi, di evocazione di fantasmi: una panchina, una fermata del bus; una focacceria, un negozio di cianfrusaglie per la casa.
Emergono dalle spaccature dell'asfalto, come ectoplasmi, e prendono forma, si plasmano.
Per un istante diventano reali, precisi nel minimo dettaglio: un dente storto che fa capolino tra le labbra quando lei sorride; le parole di lui, che cerca di spiegarle che, quando la tiene per mano, l'intero cervello è focalizzato sulla percezione tattile dei suoi polpastrelli.
I versi sciocchi, le risate.
Poi, così come si sono materializzati, rapidi svaniscono.
È la terza vita che trascorro in questa città.
Forse dovrei cercare fortuna altrove, ma l'intensità dei miei sortilegi, delle mie maledizioni, mi tiene incatenato a queste strade, a questi portici.