Scritto da Davide Giacalone
giovedì 31 marzo 2011
Furbesche e patetiche anche le vie d’uscita immaginate dall’opposizione: a. il senatore Tedesco va in aula e chiede d’essere arrestato; b. al tempo stesso presenta ricorso e si decide di attenderne l’esito. Sbagliate. La prima, di sapore vagamente staliniano, perché non si tutela la sua persona, ma l’istituzione. La seconda, perché si vota sul principio, non sulle decisioni del giudice.
Con l’occasione, se non fossero Incapaci & Vili, potrebbero puntualizzare un paio di cosucce. Se una procura (segnatamente quella di Bari) dilapida quattrini in intercettazioni telefoniche, puntualmente giunte ai giornalisti e ripetutamente pubblicate, salvo scoprirsi che sono inammissibili, inutilizzabili in giudizio, perché irregolari, occorrerebbe far pagare il conto. Si chiama “danno erariale”. Il guaio è che a decidere dovrebbero essere dei colleghi. Consci di questo, i signori parlamentari potrebbero accorgersi che non funzionerà mai un sano sistema di responsabilità civile se si mantiene vigente l’obbligatorietà dell’azione penale. Il pubblico ministero deve essere responsabile, ma perché lo sia occorre che sia anche libero e indipendente. Il giudice deve, a sua volta, essere terzo, il che esclude sia collega del procuratore.
Ieri Vittorio Feltri ha fatto tre proposte: 1. il cittadino arrestato sia subito portato davanti a un giudice, per conoscere le accuse e la propria sorte, 2. la custodia cautelare valga solo per i reati gravi; 3. chi sbaglia deve pagare. Giustissimo, sottoscrivo, non prima di aver ricordato, però, che è già formalmente così. Solo che il giudice che incontri (il Gip) è un collega del procuratore ed è lui ad avere disposto l’arresto; l’arresto preventivo è già previsto solo per reati gravi, ma sono sempre quei due a stabilire cosa sia grave e cosa no; la responsabilità civile potrebbe farsi valere sui singoli magistrati, salvo il fatto che la corporazione si guarda bene dal procedere. Morale: se è sempre l’oste a stabilire quanto sia buono il vino state certi di bere aceto e di pagarlo come nettare. E pretendono anche si brindi.
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