Nel settembre 2002, all’atto della richiesta del cambio di destinazione urbanistica, trenta (30) aziende agricole dell’area del sito, comprese nella distanza dagli 0,800km ai 5,00km, scrivono una lettera di dissenso al Comune di Manfredonia, che si accingeva a deliberare al riguardo, ed invitano il Sindaco e l’intero Consiglio ad esprimere parere sfavorevole. Non solo, nello stesso giorno l’Ordine dei dottori agronomi e forestali della provincia di Foggia, invia un fax ancora al Comune di Manfredonia, in cui manifesta viva preoccupazione per “il forte inquinamento ambientale” che un impianto del genere (allora si parlava di sole biomasse, a conferma della diversità del progetto) comporterebbe in una zona dalle molteplici caratterizzazioni agricole e dalla scarsità idrica. Allarmi, questi, che saranno completamente ignorati dall’Amministrazione di Manfredonia nella prima e seconda delibera in favore dell’Accordo di Programma. Queste due lettere sono state allegate all’Esposto. Nonostante la carenza di acqua nell’area in oggetto, l’impianto preleva dal sottosuolo 55.100m³/anno. Acqua che si prevede di riutilizzare, ove possibile, nel ciclo della centrale. Ma che in realtà è quasi tutta asportata tramite autobotti in impianti di depurazione esterni all’impianto. Non dimenticando che all’atto della stesura del “Contratto d’Area” per accedere ai finanziamenti europei riguardo a questo impianto, si prescrive che l’approvvigionamento idrico avvenga “attraverso il collegamento alle pubbliche condotte d’acqua”. Anche in questo caso non viene rispettato né quanto si promette e nemmeno quanto prescritto dai regolamenti. Caricando la zona di ulteriore traffico di mezzi di trasporto. Ci sono contrasti anche nella previsione di controlli sul materiale in ingresso alla centrale. Le Migliori Tecniche Disponibili vorrebbero un dispositivo fisso di grandi dimensioni per il controllo della radioattività di tutti i mezzi che conferiscono il CDR all’impianto, mentre la società farà questi controlli a campione e con un rilevatore mobile. È evidente che un controllo sistematico sul materiale in ingresso, è a tutela in primis della salute dei lavoratori dell’impianto, oltre che di tutto il resto. Altro capitolo sono le ceneri. Da valutare la quantità percentuale di produzione rispetto al CDR bruciato, a nostro avviso troppo bassa in riferimento a quanto dichiarato dalla società (meno del 15%). A detta della stessa, parte delle ceneri può essere riutilizzabile da aziende di laterizi e simili. Ma ancora nulla si sa sulla stipula dei contratti, né della collocazione di queste aziende disposte ad accettare le ceneri prodotte. Non potendo così valutare l’ulteriore impatto inquinante del traffico dei mezzi di trasporto. A nostro avviso queste ceneri sono completamente tossiche e andrebbero depositate in discariche speciali, del tutto assenti sul territorio italiano. A tale proposito, si ricorda che fra le accuse del rinvio a giudizio (2 luglio prossimo) nell’ambito dell’inchiesta sull’inceneritore di Modugno, c’è proprio la “errata” valutazione delle ceneri prodotte dalla centrale come rifiuti non pericolosi.
Da http://noinceneritoretressanti.blogspot.it/