Ho chiesto ad alcuni esperti del settore SEO quali fossero le loro considerazioni in merito alle influenze delle dinamiche social nel loro lavoro.
Oggi risponde Claudio Gagliardini.
Non è un SEO “nudo e crudo”, ma segue diversi settori e discipline del web, soprattutto in ottica marketing. Estremamente attivo sui social, con particolare riferimento a Twitter, è tra i principali assertori della necessità improcrastinabile, per le aziende italiane, di approdare ai nuovi media con convinzione, risorse e budget.
I motori di ricerca si specializzano e tarano le conversazioni ed il personal brand: Google Real Time Search e Bing social search,
Che segnale è questo? Verrà creato un segmento di ricerca specializzato o è una tendenza verso algoritmi che prevedano un mix tra indicizzazione corporate e social?
La mission di un motore di ricerca è quella di offrire ad una ricerca il miglior ventaglio di risultati possibili; per far ciò esso analizza tutti i dati in suo possesso e tutto quello che la rete può offrire, compresa la messe di informazioni offerta dai social. La cosa più complessa, ovviamente, è quella di valutare tutte queste informazioni al fine di offrire a ciascun utente il risultato più in linea con le proprie esigenze. Personalmente credo che il futuro vedrà un bel proliferare di strumenti di ricerca differenti e flessibili, non un solo modello basato su un mix o su un particolare algoritmo. Sono convinto che questa potrebbe essere la soluzione migliore, poiché ciascuna ricerca e ciascun utente hanno finalità e priorità molto diverse tra loro e non sarebbe possibile per nessun motore offrire una SERP soddisfacente, se si cercasse di creare un unico canale che contenesse tutte le tipologie di risultato. C’è molto lavoro da fare per i motori, eterni cantieri “in beta” che cercano di stare dietro ad un mondo che cambia a cadenza quotidiana. In ogni caso, tuttavia, ritengo giusto che oggi le SERP prendano atto della rilevanza che gli utenti danno ai contenuti, premiando quelli più popolari in funzione dell’apprezzamento del pubblico e della loro capacità di viralizzazione in rete.
Da quello che si può intuire vedendo le ultime mosse sue e dei suoi partner sembra che Facebook si voglia posizionare come il principale
motore di ricerca. Vedendo quindi Google come suo diretto concorrente e non altri social media. Che cosa pensi che comporti questo per l’attività SEO?
Intanto non credo che Facebook voglia davvero sostituirsi a Google e, soprattutto, che ne abbia le capacità. Sicuramente Facebook è già oggi il principale referente per quel che riguarda la social search, ma i vari esperimenti che sta portando avanti in direzione search engine non hanno ancora dato risultati soddisfacenti o minimamente paragonabili con quelli di Google. Il modello delle pagine sociali, ad esempio, è molto interessante ma cambia in modo repentino e ancora non è chiaro in quale direzione vorranno andare. Sicuramente Facebook dispone di un quantitativo enorme di dati, ma la loro organizzazione è ancora abbastanza lontana da quello che potrebbe servire per la realizzazione di un vero motore di ricerca. In chiave SEO Facebook rappresenta già una sfida interessante; le sue pagine vengono indicizzate bene e possono servire, oltre che per saturare la SERP rispetto a qualche keyword, anche a rappresentare ottime fonti di traffico. Nonché a garantire a chi non riesca a far emergere il proprio sito rispetto a decine di fonti non istituzionali, un minimo di visibilità propria, benché ristretta ad un ambito chiuso come quello di un social.
Secondo le tue osservazioni e sperimentazioni quanto pesa nel posizionamento complessivo di un brand una Fan Page di Facebook, e le interazioni esterne come gli Ilike?
Pesa il giusto, credo. Intendo dire che oggi i social media sono una realtà, non più una vaga prospettiva futura, e quindi i motori di ricerca gli attribuiscono già un peso decisamente rilevante. In linea generale, inoltre, il fenomeno della precarizzazione dell’economia e del mercato del lavoro (tanto per fare un esempio) sembra rispecchiarsi in modo egregio nell’attuale impostazione dei motori rispetto al posizionamento di un brand. Oggi, anche su internet e in chiave SEO, ragionare sul breve periodo, oltre che a lungo termine, è un must assoluto. Quello che può offrire in termini di visibilità un blog post di successo o anche soltanto una conversazione su Facebook o su Twitter che abbia un buon seguito di commenti e di like, rappresenta un vero capitale che, alla lunga, influisce positivamente anche sul posizionamento e sul SEO. Rinunciare a questa opportunità (o sfruttarla male) è un peccato che le aziende italiane non dovrebbero più commettere. Allo stesso tempo, però, credo sia giusto rilevare che non si debba confondere la visibilità in un ambiente chiuso, come Facebook, con quella sui motori di ricerca. È bene che i brand abbiano ben presente che un conto è saturare una SERP con diverse tipologie di risultati, un altro è pensare che un buon posizionamento con una pagina Facebook possa rappresentare un traguardo apprezzabile, invece che un ottimo tampone in attesa di tempi migliori. Lo stesso ragionamento vale per l’approccio, non solo in chiave SEO; in Facebook si vive l’esperienza di un social network e si possono raggiungere migliaia di utenti ad esso iscritti, dialogando ed interagendo con loro, Google e gli altri motori sono decisamente una cosa diversa e non è ipotizzabile che un brand forte non ambisca ad essere il principale referente di se stesso attraverso le proprie fonti istituzionali.
Anche Twitter sta investendo notevolmente sulla ricerca dei suoi contenuti pensi che questo comporti delle nuove strategie SEO?
Sicuramente sì. Vale anche qui il discorso fatto per Facebook; posizionare una keyword o una pagina o un qualunque livello di contenuto, oggi, significa saturare tutti i media ed essere presenti in tutte le conversazioni. Significa “essere sul pezzo”, utilizzare (non strumentalizzare, se possibile) qualunque contesto e opportunità per dare visibilità al proprio “ecosistema”, alla propria tag cloud. Interagire su Twitter in tutte le conversazioni che riguardano non soltanto il proprio brand in modo diretto (livello minimo e ormai obbligatorio), ma soprattutto essere presenti ovunque si tratti la propria materia, costruendo quotidianamente un patrimonio di buone pratiche SEO che alla lunga i motori ci riconosceranno come plusvalore. E che nell’immediato significa click, richieste, interazione. In ogni caso, mi sembra addirittura superfluo ribadirlo, al di là delle tecniche SEO, essere presenti sui social rappresenta per le aziende un valore che deve andare ben oltre la semplice utilità in chiave posizionamento.
Quanto pesano menzioni, retwitt, hashtag per il rank di un pagina
Non è facile dare una risposta sicura o quantificarlo in percentuale. Credo inoltre che non sarebbe neppure l’approccio corretto, rispetto alla sfera social e al suo significato. Per entrare nella domanda, ad esempio, #hashtag sono una cosa a se stante, molto interessante in chiave Twitter ma non in ottica SEO. Indubbiamente i motori di ricerca valutano questi parametri (menzioni e retwitt) e, ciascuno a modo suo, gli attribuiscono un peso e un valore all’interno dei propri algoritmi. La cosa fondamentale, tuttavia, è comprendere che al di là del SEO in senso stretto, presidiare i social rappresenta un valore fondamentale per qualsiasi brand e contribuisce non soltanto all’awareness e alla reputation, ma anche alla costruzione di una cittadella fortificata in continua espansione, in cui ciascun edificio, ciascun mattone di case o di mura, ciascuna torre d’avvistamento o di difesa rappresenta per i motori un ottimo indicatore delle dimensioni e dello stato di salute di questo sistema. Del resto, uscendo dalla metafora e guardando la materia da un punto di vista elementare, il compito dei motori è quello di restituire agli utenti risultati pertinenti, interessanti, validi, e l’unico modo per venirne a capo è “annusare” quotidianamente la rete e captare gli odori e le essenze, cercando di capire quali di questi siano profumi e quali puzze, cosa che solamente il gusto degli utenti può agevolare.
Anche Linkedin sta aprendosi all’esterno.Con i gruppi aperti il valore dei commenti e delle citazioni saranno presi in considerazione per pesare un contenuti, la pertinenza, la rilevanza?
È ben difficile stabilire un “quanto”, ma i motori di ricerca si stanno attrezzando per poter valutare tutte le sorgenti che intendono rendersi visibili ed aprirsi all’esterno. Difficile dire se ci sarà una scala di valore in grado di pesare i contenuti in base alla rilevanza del social nel quale sono stati immessi, ma la loro popolarità avrà sicuramente un ottimo impatto e darà i suoi frutti, nel breve periodo come sulla distanza. Tutto ciò premesso che Linkedin, a differenza di altri social, ha aperto ai motori solamente i gruppi, ma non rende pubblica la rete delle relazioni tra gli utenti, fattore che non permetterà ai motori di valutare i suoi contenuti in modo più completo e interessante di un qualunque forum presente in rete.
Come stanno rispondendo Viadeo e altri business social network rispetto alla necessità di dare rilevanza esterna ai profili e ai contenuti editoriali?
In generale credo si stiano tutti aprendo verso l’esterno, quindi… tutto fa SEO brodo
Il problema però è l’inflazione che si sta registrando, con il continuo nascere di nuovi social, spesso di breve durata e di scarso successo.
La link popularity è un parametro che verra sostituito a poco a poco dalle corrispondenze social ( Fan, Follower, friends ), ha ancora senso dare importanza al Moloch backlink ?
“A poco a poco” ritengo sia l’interpretazione corretta. Per il momento i link da fonti autorevoli e in tema rappresentano ancora un parametro importante per i motori di ricerca. Non l’unico, non il più importante, ma di sicuro un parametro in grado di influire sul ranking di una pagina. No, ancora non la escluderei l’attività di link building dal range delle buone pratiche SEO; semmai inizierei a vederla in un’ottica nuova, meno tecnica e più legata al progetto di appartenenza di un sito ad un “ecosistema” e ad una comunità, impostazione assai propedeutica agli imminenti sviluppi.
Mobile, geolocalizzazione, Google Maps, geo social networking sono matera di studio per un esperto SEO ?
Certamente sì. Il SEO è prima di tutto un grande laboratorio e tutte le novità (anche se Google Maps è già da tempo una certezza) debbono essere studiate a fondo e sfruttate in tutte le loro potenzialità. Un buon SEO non deve più porsi come unico risultato quello di portare un sito nelle prime posizioni delle SERP ma, soprattutto, quello di portare visite e visibilità da tutti i possibili referrer e di aumentare le conversioni. Quest’ultimo obiettivo è perseguibile solamente attraverso uno studio accurato dei mezzi e delle opportunità, trovando il giusto mix di azioni e di strategie.
Anche nell’e-commerce il social commerce, la condivisione di indormazioni e di esperienza sui prodotti, porterà molti cambiamenti nei investimenti SEO ?
Assolutamente sì. Già da oggi gli utenti acquistano in rete dopo aver letto recensioni o opinioni di altri utenti, più che per aver consultato il sito istituzionale dell’azienda. Contrastare questa tendenza, ad esempio cercando di saturare le SERP con risultati propri, rappresenta in questo momento la tendenza più comune, ma si tratta di un grave errore. Al contrario le aziende che vendono in rete dovrebbero utilizzare i nuovi media per essere parte in causa, per dire la loro piuttosto che per oscurare gli altri risultati. In entrambi i casi il lavoro dei SEO ed i relativi investimenti sono in crescita.
Posizionamento naturale contro tecniche di posizionamento, chi vincerà alla luce di tutte queste considerazioni?
Le due cose non sono in conflitto o in antitesi. Senza SEO ormai non c’è sito che possa ottenere un posizionamento naturale accettabile, ammesso che i motori lo abbiano indicizzato. Se per tecniche di posizionamento si intende invece un SEO estremo, fatto di “trucchi” e di forzature, credo che per queste pratiche non ci sarà grande spazio in futuro. Non credo di essere particolarmente ingenuo se affermo che i motori di ricerca pretendono una cosa sola da un sito web: che sia fatto bene, che sia di semplice fruizione (sia dai motori stessi che dagli utenti) e che incontri il gusto, il favore e soprattutto le ricerche del pubblico. Soddisfatti questi prerequisiti il lavoro SEO non si discosterà poi dall’attuazione di una serie di “buone pratiche” che vanno dalla cura di una sezione news di ambio respiro (blog e approfondimento della materia) alla presenza quotidiana, costante ed equilibrata sui social media e su tutti gli strumenti che il web mette a disposizione per dare visibilità e contestualizzazione ai contenuti. Davvero non c’è altra spiegazione al successo dei non pochi brand che stanno sfruttando nel modo giusto queste opportunità e che stanno investendo risorse e budget nel web marketing.
Grazie Claudio e a presto