incipit

Da Guchippai

La cura per la morte da fulmine era scritta a lettere spesse, in inchiostro blu e un po' sbavato, nel quaderno di mia madre, sotto la ricetta dei biscotti di avena che piacevano tanto a mio padre:Immergere il corpo colpito da fulmine in acqua fredda per due ore; se non resuscita, aggiungere aceto e lasciare a bagno per un'altra ora.In un secondo tempo, con l'inchiostro nero, mia madre aveva scritto a margine "Ah! Ah!".Gail Anderson-Dargatz, La cura per la morte da fulminei romanzi che contengono elementi soprannaturali mi sono sempre piaciuti, purchè trattati con moderazione. per intenderci, non mi piace quando diventano surreali al punto che non ci capisco più niente. in questo il dosaggio è giusto e quindi la lettura si è rivelata molto piacevole e interessante. la protagonista è la quindicenne Beth, che vive con la famiglia nel Canada rurale nel 1941. c'è la guerra, i giovani sono quasi tutti partiti, a parte suo fratello e i due braccianti nativi-americani. se l'inizio della storia pare quasi idillico, ben presto cominciano ad apparire elementi di disturbo. per esempio,  il padre dà segni di squilibrio e una strana presenza che gli indiani identificano come il Coyote, si aggira nei campi e nei boschi. possiamo fare rientrare questo romanzo nelle storie di formazione, ma io preferisco considerarlo una sorta di favola.

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